L'Assemblea legislativa regionale ha approvato a maggioranza, (20 sì, 9 no, 1 astenuto - Udc) il disegno di legge della Giunta che disciplina il sistema regionale di istruzione e formazione professionale (IeFP). Il provvedimento, contro cui hanno votato FI, Ncd, Fd'i e Lega nord, prevede che, dopo il primo anno di istruzione superiore all'interno degli istituti di formazione professionale, i ragazzi possano scegliere se proseguire all'interno della scuola oppure frequentare secondo e terzo anno all'interno di un organismo di formazione professionale, conseguendo una qualifica triennale. Previsto anche un percorso quadriennale che porta ad un diploma professionale, con la successiva possibilità di arrivare a sostenere, previa frequenza di apposito corso di studio annuale, l'esame di maturità.

Oltre al disegno di legge è stato approvato all'unanimità anche l'emendamento presentato da Dottorini e Brutti (Idv) che proponeva una verifica dell'adeguatezza e completezza del corso di studi compiuti presso gli organismi regionali di formazione professionale, anche attraverso prove di idoneità, prima della accettazione dell'iscrizione al quarto anno.

IL DIBATTITO
MASSIMO BUCONI (Psi),
relatore di maggioranza: “L'atto riguarda il sistema di istruzione e formazione professionale che ha portato alla sottoscrizione di vari accordi Stato – Regioni, con la definizione delle 21 figure professionali sia per le qualifiche triennali che per i diplomi quadriennali e l’intesa in Conferenza unificata sulle linee guida per i percorsi di istruzione statale e percorsi di istruzione formazione professionale regionale. Si prevede un triennio di offerta formativa sussidiaria attuato con modalità di integrazione con le agenzie formative e si dispone la messa a regime dei percorsi di istruzione e formazione prevedendo un primo anno di frequenza presso l’istituto professionale in regime di sussidiarietà, in integrazione con le agenzie formative e fortemente orientato a acquisire competenze tecnico professionali coerenti con la qualifica da conseguire, seguito da un secondo e terzo anno o nel canale dell’istruzione presso gli istituti professionali di Stato per il conseguimento del diploma quinquennale ma con la possibilità di conseguire una qualifica al termine del terzo anno in regime di sussidiarietà o nel canale della formazione professionale presso le agenzie accreditate per il conseguimento di una qualifica al termine del terzo anno. Si è ritenuto che un triennio così articolato sia corrispondente e efficace a conseguire l’obiettivo di sostenere i giovani in particolari situazioni di disagio, favorendo così una loro maggiore consapevolezza attraverso un’azione mirata nella scelta, favorire un contatto nell’accesso al lavoro, il modello intende valorizzare lavoro e cultura professionale.  Per la definitiva messa a regime, la Regione con la delibera 109 ha disposto la predisposizione di un disegno di legge regionale con l’attivazione di un apposito gruppo di lavoro costituito, oltre dai rappresentanti del servizio regionale competente da rappresentanti delle Province, dell’Ufficio scolastico regionale e delle agenzie formative accreditate in possesso dei requisiti per le realizzazioni degli obblighi di istruzione.

ROCCO VALENTINO (FI), relatore di minoranza: “Questo atto è stato discusso in varie Commissioni consiliari della Regione, abbiamo avuto anche delle audizioni e quindi siamo arrivati alla decisione, come gruppo di Forza Italia ma penso valga anche per i gruppi di opposizione, di votare contro. Si ritiene che alcune disposizioni del disegno di legge in discussione in particolare gli articoli 3 e 5 possano porre problemi di illegittimità costituzionale, in quanto appaiono non del tutto conformi alle linee guida nazionali e potrebbero pertanto essere ritenute lesive oltre che del principio di leale collaborazione, anche delle norme generali sull’istruzione, cui l’articolo 117 della Costituzione riserva la competenza legislativa esclusiva dello Stato. Pertanto, le disposizioni di cui agli articoli 3 e 5 del disegno di legge dovrebbero essere riformulate in modo da renderle maggiormente conformi alle linee guida nazionali e rispettose degli istituti professionali statali. Secondo la Corte costituzionale, infatti, l’obbligo di istruzione appartiene a quelle categorie che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante un’offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che usufruiscono del diritto di istruzione. La Regione, quindi, non può disciplinare unitariamente con propria normazione compiti e attribuzioni degli istituti professionali di Stato. Infine, all’articolo 6 si afferma che agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si fa fronte con le risorse stanziate dal ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Por Fesr, del Fondo sociale europeo allo scopo utilizzabile. Limitatamente a dette disposizioni, si evidenzia la circostanza che la Regione potrà rilasciare diploma di qualifica per meno di trecento studenti e riteniamo di dovere assicurare a tutti gli studenti frequentanti il terzo anno e che ne fanno richiesta la possibilità di sostenere gli esami di qualifica”.

PAOLO BRUTTI (Idv): “Il consigliere Valentino ha sollevato il problema di una possibile censura per incostituzionalità della legge. Quando ci sono dubbi di questo genere sarebbe opportuno avere un po’ di cautela perché la mano alla Corte costituzionale è difficile forzarla. Sarà poi la Corte che deciderà nel merito della censura di costituzionalità, se il Governo intenderà sollevarla, come lo ha fatto per la Regione Toscana, sia pure in un caso che presenta qualche diversità. Noi potremmo fare un intervento risolutivo di una questione di adeguatezza dei profili di istruzione che vengono introdotti con questo provvedimento. Sono gli Enti di formazione professionale regionale che acquisiscono caratteristiche di istituti professionali di Stato: si introduce un sistema misto per cui un giovane, se vuole realizzare il suo obiettivo di formazione professionale, può fare il primo anno in un istituto professionale, due anni successivi in un ente di formazione, e conseguire il titolo di formazione, poi rientrare nel quarto anno dell’istruzione, cioè in un istituto professionale di Stato e poi addirittura fare un quinto anno e accedere all’Università. Sono due canali di istruzione, non di formazione: un giovane poco volenteroso, con difficoltà caratteriali e poca voglia di studiare potrebbe dunque  cominciare a fare il primo anno nell’istituto professionale, poi passare nel canale facilitato della formazione professionale, e poi senza colpo ferire rientrare nel canale dell'istruzione. Se qualsiasi studente che sia in procinto di disperdersi potrà seguire questo canale succederà che alcuni enti di formazione professionale semplificheranno i loro percorsi formativi offrendo ai giovani la possibilità di bypassare i tre anni di istruzione negli istituti di formazione professionale. Ma così avremmo una parificazione di fatto, senza che gli enti di formazione professionale l'abbiano mai chiesta. Per questo ho presentato un emendamento che prevede, per poter rientrare negli istituti professionali di Stato, che l’istituto presso il quale si presenta la domanda di ammissione faccia una verifica dei curricula di istruzione, per verificare i livelli necessari per iscriversi al quarto anno”.

L'assessore CARLA CASCIARI è intervenuta rilevando che “l'ambito della formazione professionale è indefinito per quanto riguarda le competenze. Si tratta di interventi che riguardano i ragazzi che non hanno compiuto i 10 anni obbligatori di istruzione, una fascia che viene ascritta alla competenza regionale. Le agenzie di formazione che possono svolgere questo compito hanno specifiche e definite qualità, anche per quanto riguarda i contratti dei docenti. Il 'decreto legislativo 112' e la legge 133 hanno in seguito delegato alle Regioni la possibilità di istituire un percorso misto con una qualifica triennale. Gli istituti professionali non possono rilasciare la qualifica triennale in assenza di accordi regionali all'interno di questo quadro normativo. Come ha ricordato il consigliere Valentino, c'è stato un accordo con il Miur per definire le qualifiche nazionali, che possono essere rilasciate anche dalle agenzie di formazione. C'è già stata una fase sperimentale per gestire questa difficile convivenza tra scuola e formazione professionale. L'obbiettivo finale è di evitare che dei ragazzi difficili si allontanino troppo presto da scuola. Con questo sistema, gli studenti nel primo anno possono riflettere se restare a scuola per poi decidere se restare nel canale dell'istruzione oppure uscire due anni nella formazione professionale per poi eventualmente tornare e conseguire il diploma in un istituto professionale. Per quanto riguarda le commissioni di esame e tutti i passaggi tra scuole e diversi livelli formativi, ci sono in piedi tavoli nazionali che stanno definendo apposite linee di indirizzo. Accettabile l'emendamento Brutti, ma saranno le linee guida nazionali a definire quali saranno concretamente i parametri da rispettare. Con la riforma Gelmini gli istituti tecnici e professionali hanno perso molte possibilità di dialogare con i ragazzi che scelgono il 'saper fare' piuttosto che la liceizzazione. La Giunta ha dedicato 1,2 milioni di euro a questo settore. L'istruzione professionale e tecnica ha bisogno di guardare al mondo del lavoro in modo sempre più stretto, offrendo una possibilità in più ai ragazzi con un rapporto più difficile con il sistema della istruzione e formazione”.

DICHIARAZIONI DI VOTO:
SANDRA MONACELLI (Udc): “
Io mi asterrò sul piano presentato dall’assessore Casciari come gesto di disponibilità a verificare il percorso, volendo cogliere l’atteggiamento positivo che vi è contenuto, quello di non lasciare fuori nessuno dai percorsi formativi, soprattutto i cosiddetti 'ragazzi difficili', con percorsi complicati, perché magari possono anche avere, nel corso della loro vita, particolari attitudini che non sono rispondenti a quelli che sono i canali formativi scolastici tradizionali. Immaginare questo tipo di integrazione tra scuola e agenzie formative, secondo dei percorsi meglio calibrati per quelle che sono le effettive necessità, può in qualche maniera meglio salvaguardare e rispondere a queste particolari esigenze. Proprio per non far perdere nessuno, ma consentire a ciascuno, in base alle proprie potenzialità, in base ai propri talenti, di trovare una propria dimensione, all’interno di questa visione, io credo, che possa articolarsi e trovare giustezza, quanto contenuto nel piano che viene predisposto. Spero che alla fine dell’anno venga fatta una sorta di verifica per cercare di valutare se il processo di integrazione funziona, nonostante le criticità che sono state comunque evidenziate, anche nel corso dei vari incontri e delle audizioni, perché comunque c’erano delle effettive esigenze mosse dal cosiddetto 'mondo della scuola' tradizionale. Penso che sia opportuno mettere in programma o in cantiere una verifica al termine di un anno di attività per vedere se questo sistema funziona”.

ROCCO VALENTINO (FI): “Mi pare che in Consiglio regionale ci prendiamo in giro da soli. Sappiamo tutti che le leggi nazionali, in particolare quelle sulla scuola, sono sovrane, nel senso che un ragazzo che viene da un’agenzia formativa e vuole tornare alla scuola normale, è costretto a fare gli esami integrativi: le leggi prevedono che al secondo, terzo e quarto anno, se si vuole ritornare alla scuola statale si è obbligati a fare gli esami integrativi, che consistono in tutte le materie che il ragazzo non ha seguito con l’agenzia formativa. Mi convinco ancora di più che questa proposta di legge è una forma incentivante affinché i ragazzi abbandonino la scuola, perché si trovano un corso privilegiato per fare il secondo, terzo, quarto anno, ma l’accesso all’Università lo danno soltanto gli istituti professionali, non le agenzie formative. Se vogliamo formare carrozzoni formiamoli pure, a queste proposte di legge non ci crediamo e per questo voteremo fortemente convinti no a questa proposta di legge”.
 
GIANFRANCO CHIACCHIERONI (Pd): “Non penso si tratti di aggiungere o modificare la legge, però sottopongo all'assessorato, che so essere sensibile su queste problematiche, la questione dell’accesso a quindici anni alle agenzie formative, perché si verifica che molti ragazzi, anche causa lingua e provenienza di altri Paesi, vengono bocciati in terza media o in seconda, e vorrei potessero accedere direttamente all’età di quindici anni, attivando subito il percorso per questi ragazzi all’agenzia formativa. Ne avremmo come beneficio un contenimento anche della dispersione scolastica e non la perdita di un anno”.  

SCHEDA: IL SISTEMA REGIONALE DI IEFP
Il disegno di legge prevede la possibilità, dopo il primo anno di istruzione superiore all'interno degli istituti di formazione professionale, di proseguire all'interno della scuola oppure di frequentare secondo e terzo anno all'interno di un organismo di formazione professionale, conseguendo una qualifica fra le 21 riconosciute a livello europeo. Per i ragazzi che intendono proseguire è previsto un quarto anno che consente il rilascio di un diploma professionale che, in applicazione della disciplina nazionale (decreto legislativo “226/2005”), costituisce titolo per l'accesso ai percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore. Successivamente, previa frequenza di apposito corso di studio annuale, chi vorrà potrà arrivare a sostenere l'esame di Stato per l'accesso all'Università, all'alta formazione musicale e coreutica, nonché agli istituti tecnici superiori. La Regione, in applicazione delle linee guida nazionali, favorisce il passaggio tra sistemi formativi e la permeabilità tra indirizzi e percorsi, sia per contrastare l'abbandono scolastico che per consentire ai ragazzi la possibilità di cambiare il proprio percorso di formazione seguendo la propria maturazione o mutando le proprie esigenze. La norma finanziaria prevede risorse stanziate dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dal Fondo sociale europeo e dal Programma attuativo regionale Fondo sviluppo e coesione. Infine, è stata inserita nel disegno di legge la clausola valutativa, un ulteriore articolo di legge che dispone controlli sull'attuazione della legge e sulla sua efficacia per i destinatari.

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