Il gesto dell'ombrello
A Terni si erano dimenticati da tempo del profumo del manganello. Troppe generazioni sono nate e sfiorite all'ombra delle ciminiere, troppo fumo, troppa fatica. Sembra davvero di precipitare in epoche lontanissime se si vuol tornare con i ricordi al tempo delle camionette delle celere che salivano sui marciapiedi di Corso Tacito e da quando da quelle camionette spuntavano inesorabili e imprevedibili i manganelli, appunto, questo strumento così rappresentativo di un certo potere molto fortunato in Italia, in tutto il novecento, prima e dopo l'ultima guerra. E' scomparso l'olio di ricino ma quell'arma impropria che annichilisce ma non uccide, se non la dignità delle persone, sopravvive alle epoche storiche, ai governi e alla stessa cultura democratica di un paese. C'è ancora il manganello e, se qualcuno se l'era dimenticato, è meglio che ci faccia un pensierino. Quell'Italia non è affatto scomparsa.
Per questo il sangue che scende dai capelli bianchi del sindaco ha colpito come una frusta la pigra città del nuovo millennio così diversa ormai dai tempi di Luigi Trastulli, colpito nel '49 da un proiettile senza autore, o dalle barricate del '53, all'epoca dei duemila licenziamenti, quando lo scontro finale, la guerra impari tra i sampietrini degli operai e i moschetti dei poliziotti fu fermata da una iniziativa sapiente, all'ultimo momento, da un dirigente della camera del lavoro. Quella città non esiste più. Oggi non c'è un operaio che si senta di guardare con avversione un poliziotto. Non lo vede più come il braccio armato di uno stato nemico e ha imparato da molto tempo che i nemici, coloro che minacciano il proprio futuro, il posto di lavoro, il benessere della comunità nella quale si riconosce, sono sempre più lontani e sempre meno visibili.
Per questo lo schieramento da guerra civile predisposto a quattro passi dalla stazione, come se si dovesse fermare l'assalto dei bolscevichi al palazzo d'inverno, è apparso a un corteo di poche centinaia di operai come una cosa inverosimile, offensiva. Ma come, con tutti i problemi di ordine pubblico che ci sono in Italia, mandano a Terni le avanguardie scelte della polizia per scongiurare una occupazione simbolica di pochi minuti della stazione ferroviaria? E' qui che il discorso non torna. A questi operai, vessati dalle regole cervellotiche dei burocrati che impoveriscono l'Europa, dai giochi sibillini delle multinazionali dell'acciaio, dall'incapacità dei governi di decidere alcunché sui temi vitali dello sviluppo si dice con le buone e poi con le cattive che se ne stiano tranquilli e che nella loro carta dei diritti è scomparsa la voce dove si recita la parola protesta.
Tafferugli tra operai e polizia a Terni? ma via. Se il comune avesse mandato due vigili urbani a governare il traffico attorno alla rotonda della stazione non ci sarebbe stato alcun problema, nessuno scontro, nessun incidente, niente sangue. Avremmo risparmiato un sacco di soldi tra stipendi e straordinari e avremmo salvato la faccia alle nostre istituzioni che, talvolta, fanno di tutto per mostrarsi lontane assai dai bisogni e dai sentimenti dei lavoratori e delle loro famiglie.
La città di Terni, il nostro paese, rischia di perdere l'unica fabbrica che produce acciaio inossidabile di altissima qualità per una serie di ragioni che nulla hanno a che vedere con i bilanci e il livello tecnologico dell'azienda di viale Brin e lo stato che fa? manda le sue legioni armate?
E' così che la storia dell'ombrello assume un sapore antico e anche, bisogna dirlo, un po' grottesco. Se le sono date davvero tra di loro? Dicono sempre così quando non ci sono risposte più convincenti. La storia è piena di interrogativi mai risolti quando entrano in campo responsabilità pubbliche. Una volta tanto la classe politica prima degli altri dovrebbe ora, di fronte a tutte le famiglie di questa città, ammettere l'errore più grande che si possa fare quando un corteo pacifico chiede, con le parole del tempo nostro, pane e lavoro. Questo errore è il non capire, non capire mai e cercare invece un ombrello che li possa riparare dalla loro inguaribile miopia.
Renzo Massarelli

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