PERUGIA - Il capo dei capi di Cosa Nostra, Bernardo "Binnu" Provenzano, quando venne arrestato, qualche anno fa, viveva in una catapecchia, in piena campagna, la coppola in testa, abiti da lavoro lisi e stropicciati, un pezzo di formaggio sul tavolo, una bottiglia di vino e nessun comfort. In Umbria questo genere di presenze non si registrano, ma le infiltrazioni mafiose sono ormai documentate a livello investigativo e giudiziario: i mafiosi di casa nostra hanno i volti anonimi dei prestanome e, spesso, anche i modi eleganti e l'eloquio facile dei "colletti bianchi". Mafia finanziaria, insomma. Quella per la quale "pecunia non olet" e che è pronta a chiudere un occhio, anzi tutti e due, quando c'è di mezzo il denaro, l'interesse.

Lo ha spiegato e sottolineato il dottor Sergio Sottani, procuratore capo a Forlì, che ha tenuto una riflessione (svolta insieme ai giornalisti Sandro Allegrini, coordinatore e Alvaro Fiorucci, Federico Fioravanti e Elio Clero Bertoldi, relatori, sul tema "Le infiltrazioni mafiose in Umbria") all'Accademia del Donca. Nel corso dell'incontro, che si è svolto al Teatro Morlacchi, Sottani e gli altri relatori hanno ricordato che oggi le mafie muovono l'economia con il riciclaggio del denaro "sporco", cioé proveniente da operazioni illecite o criminali, in immobili, attività commerciali e industriali e persino nelle banche. Lo testimoniano, tra l'altro, i numerosi sequestri e confische che negli ultimi anni sono stati effettuati quasi ogni angolo della regione: da Orvieto a Terni, da Amelia a Todi, da Spoleto a Foligno, da Perugia a Pietralunga. Non ultimo il sequestro di trecento appartamenti di Ponte San Giovanni, che attraverso i prestanome portavano ai clan dei Casalesi, uno dei più sanguinari della camorra.

I settori nei quali la mafia si insinua sono quelli criminali, tout court, come il traffico di droga, il traffico di esseri umani (prostituzione e non solo) ma oggi anche il settore, che pure è regolato dalle norme, dei Videopoker e dei Compro oro, senza contare gli appalti pubblici, il traffico dei rifiuti, il campo della ricettività alberghiera e degli agriturismi, i latifondi. Per farla breve, non c'è settore dell'economia nel quale le mafie non tentino di infilarsi con la potenza che deriva loro dalla possibilità di poter contare su una enorme liquidità di danaro.

L'organizzazione criminale più pericolosa e maggiormente presente in Umbria, secondo Sottani, è la "ndrangheta" (cioé le cosche criminali calabresi); tuttavia nella nostra regione operano anche la camorra (che ha i suoi vertici in Campania) e in particolare il clan dei Casalesi, Cosa Nostra (la cui Cupola storica è installata in Sicilia) e la Sacra Corona Unita (le cui radici proliferano in Puglia). A queste mafie "nostrane" vanno aggiunte quelle straniere che da tempo, anche loro, fanno "business" in Umbria: i clan albanesi, rumeni, russi, nigeriani, nordafricani, cinesi che spadroneggiano nel settore della droga e della prostituzione e, in alcuni casi venuti alla luce (operazione "Parigi", per esempio), anche nel traffico di armi.

Il quadro appare certo allarmante, nel suo insieme, ma non mancano motivi di speranza e di ottimismo, sia perché magistratura e forze dell'ordine sono in allerta costante, sia perché anche le mafie, come ogni fenomeno umano, hanno un loro inizio e una loro fine. Certo ogni cittadino deve compiere il proprio dovere, sposando anche nelle piccole cose, pure nei comportamenti privati il tema della difesa della legalità.

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