di Franco Del Campo - StrisciaRossa [5].

Stiamo vivendo una catastrofe al rallentatore. Abbiamo inquinato e consumato, senza preoccuparci di dove buttavamo spazzatura, liquami, CO2 , fumo, calore e plastica. La Natura – anche se Leopardi ci ha avvisato che è indifferente al nostro destino – si vendica e ci avverte della catastrofe in arrivo. La democrazia, sulla quale abbiamo puntato tutte le nostre speranze, sembra di nuovo sull’orlo di una crisi di nervi. In tante parti del mondo, in realtà, la democrazia non è mai arrivata, dalla Cina alla Russia, e in tanti ex-satelliti dell’Unione Sovietica si è rivelata zoppicante.

Anche in antiche e gloriose democrazie liberali, sembra che il sistema sia venuto a noia e si preferiscano delle scorciatoie populiste o sovraniste. Gli Usa di Trump e il Regno Unito (fino a quando?) di Boris Johnson, e anche l’iper-popolata India di Modi, fanno riemergere il morbo del nazionalismo economico e politico, che ha sempre prodotto catastrofi. Per non parlare dell’America Latina, mai liberata del tutto delle sue feroci dittature militari. Il tarlo che sta rodendo la democrazia è un misto di paura e di ingiustizia. Paura di perdere quel poco o abbastanza che si sperava di aver raggiunto, perché, in tutto il mondo, c’è chi emigra per tentare di godere un po’ della nostra ricchezza. E poi c’è l’ingiustizia di un sistema, secondo la definizione di papa Francesco, “predatorio” che accumula ricchezze inimmaginabili e se le tiene ben strette.

Ecco, allora, le rivolte, le jacqueries urbane, rabbiose e senza alcun programma politico, che stanno incendiando mezzo mondo. Hanno iniziato, l’anno scorso, i gilets jaunes in Francia, perché Macron voleva aumentare il prezzo del gasolio per reinvestire nell’economia green, ma è stata una catastrofe mediatica e politica. Il Libano è esploso perché il governo, accusato di corruzione, aveva annunciato più tasse sul tabacco e sui trasporti, quasi come il Cile, che non ha mai davvero rinnegato la feroce dittatura di Pinochet, in fiamme per l’aumento del biglietto della metropolitana, passando per Hong Kong, che invece la democrazia la vorrebbe davvero, e la Catalogna ribelle, che sembra tornata ai tempi di Orwell. In tutto il pianeta un pezzo di società si sta ribellando contro una ricchezza enorme e non condivisa, che va ben oltre l’aumento del biglietto del tram, anche se l’egemonia sembra nelle mani degli indecifrabili black bloc, che bruciano e distruggono tutto quello che possono, mentre nessuno ci racconta come si può rimediare davvero a questa ingiustizia globale.

Anche l’Italia, quasi sterile e incapace di crescere, sta vivendo da troppi anni la sua catastrofe silenziosa, con il record di evasione fiscale e di corruzione, sommersa nella cocaina, ormai proletarizzata e diventata uno stile di vita diffuso, sovraeccitato, spesso violento per avere più soldi e droga. Ma c’è un’altra droga, silenziosa, che da decenni avvelena il corpo molle dell’Italia, ormai indifferente ed assuefatta alla sua malattia. È il debito pubblico catastrofico, che abbiamo creato con la nostra comoda complicità e caricato sul futuro dei nostri figli, nipoti e pronipoti, e chi se ne frega se non avranno una pensione o la avranno a quote miserabili.

La catastrofe al rallentatore arriverà, di nuovo, se non faremo un patto tra generazioni per restituire un po’ di speranza ed equità ai nostri figli, nipoti e pronipoti. Ci vorrebbe un po’ di solidarietà e di generosità, non solo in privato, tra nonni e nipoti, ma anche a livello pubblico, per restituire un po’ del futuro che abbiamo rubato. Ma per questo ci vorrebbe una politica forte e lungimirante. Forse ci vorrebbe un po’ di sinistra democratica, riformista, ambientalista, ormai sull’orlo della catastrofe perché ha sprecato troppe occasioni per riparare, almeno in parte, all’ingiustizia che ha bloccato l’ascensore sociale, che spende sempre troppo poco per la scuola, principale motore di ogni riscatto, che ha impoverito il lavoro, anche quando c’è. Ma il tempo è quasi scaduto, e presto arriveranno i pieni poteri di chi ha promesso “prima gli italiani”, chissà in quale campionato…

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