“FRA PAPPINA” UN SINDACALISTA MAI PENTITO DI PENSARE, MA HO SMESSO DI INALBERARMI 5 ANNI FA
Bisogna convincersi e prendere atto che il progetto di Macro Regione Centro Italia per il suo spessore e per il cambiamento insito che esso porterà, debba essere il frutto, soprattutto, di un percorso di confronto e dialogo che parta dal basso e che coinvolga cittadini, attività, associazioni e componenti socio economiche nonché culturali, non solo della Regione Umbria, ma anche delle altre interessate. 
Fanno piacere le dichiarazioni rilasciate alcuni giorni fa dalla Presidente della Regione Umbria Marini in merito alla questione Macro Regione. Secondo Marini “il metodo comunque non può prescindere da un dibattito ampio e partecipato dei cittadini. La prima cosa che ho sempre detto in tutte le sedi è che il dibattito sulle riforme delle Regioni, e dunque anche una eventuale discussione su una forma diversa della loro configurazione determinata da aggregazioni, fusioni e quant’altro, non può derivare da un dibattito che dall’alto viene calato in basso…”.

OK, ma non è quello che è successo sino ad ora, le parole della Presidentessa non corrispondono ai fatti.

Per scongiurare ed evitare che le decisioni venissero calate dall’alto si è cominciato con il PATTO DEL SAGRANTINO, siglato il 20 Novembre 2015. E’ stata fatta, a tutti gli effetti, una scelta oligarchica fatta dai tre Presidenti di Regione Toscana-Umbria-Marche, nonostante le dichiarazioni che essa non sarebbe stata una “fusione a freddo.
Sempre per evitare decisioni prese dall’alto e non condivise i Presidenti delle Regioni Umbria (Catiuscia Marini), Marche (Luca Ceriscioli) e Toscana (Enrico Rossi), hanno continuato a lavorare ad alcune attività congiunte, siglando a Bruxelles un protocollo d’intesa.
Nelle misure previste da tale protocollo rientrano: 1) la riduzione da tre ad un unico servizio regionale a Bruxelles; 2) l’istituzione di una centrale unica per gli acquisti in sanità (ma anche in altri settori); 3) la definizione di progetti comuni nel campo delle relazioni e della cooperazione internazionale. Sempre all’interno di tale protocollo erano poi previste iniziative comuni di promozione del “brand” delle tre regioni in relazione ai “comuni e condivisi caratteri distintivi dell’identità regionale, e si prevedevano anche la definizione di “modelli unici” sia per le azioni di incentivazione per le imprese, sia per la promozione ed il sostengo dell’occupazione giovanile. Non mancherà poi l’individuazione di elementi comuni “transfrontalieri” nell’ambito delle strategie per le “aree interne” e la comune volontà di definire le modalità per la realizzazione congiunta di una o più centrali uniche per l’attuazione del numero unico europeo di emergenza 112.
La dimensione territoriale delle tre Regioni, si affermava ancora nelle premesse del “protocollo d’intesa”, potevano inoltre essere più adeguata per attrarre grandi investimenti per opere pubbliche di interesse comune, nonché per gestirne la realizzazione.
L’accordo prevedeva che i tre presidenti si dovessero riunire, anche insieme ai rispettivi assessori, per concordare linee di azione comuni e progetti di collaborazione, e stabilisce, inoltre, che le Giunte regionali facessero incontri periodici a cadenza almeno semestrale per approvare i programmi e monitorarne la realizzazione. Si prevedeva di istituire, infine, gruppi tecnici di lavoro interregionali negli ambiti previsti dal “protocollo”.

Il “protocollo d’intesa”, che impegna i tre presidenti fino alla scadenza della legislatura in atto, è stato approvato dalla Giunta Regionale dell’Umbria su proposta della Presidente Marini per “individuare in alcuni ambiti definiti dallo stesso protocollo, sedi e momenti di consultazione, collaborazione e coordinamento delle rispettive azioni politico-amministrative che possa far valere maggiormente il peso dei territori e delle popolazioni di riferimento, tanto rispetto alle Istituzioni europee, attraverso le quali sempre più passano le decisioni e le risorse per lo sviluppo, quanto dei confronti dei grandi gestori nazionali di servizi essenziali allo sviluppo”. Alla faccia del bicarbonato di sodio e delle scelte condivise dal basso. Nel frattempo in Umbria non si è stati con le mani in mano.

L’articolo del IL SOLE 24 ORE pubblicato il 23 Maggio 2016 è stato un campanello d’allarme su cosa invece stava andando avanti: il progetto di realizzare PERUGIA CITTA’ REGIONE. 
Con la Legge Regionale del 2 Aprile 2015 n. 10 erano tornate alla Regione Umbria molte competenze in materia di urbanistica e di governo del territorio in precedenza delegate alle Provincie La Regione Umbria assumeva così anche funzioni quali il rilascio e il rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale (Aia) e dell'autorizzazione unica ambientale (Aua), e la valutazione ambientale strategica (Vas). Anche l'ambiente viene sacrificato sull'altare del regionalismo e del progetto PERUGIA CITTA’ REGIONE. 
Anche l'Arpa nella città dell'acciaio e della chimica, degli inceneritori e delle tante vecchie discariche industriali, è stata ridotta ai minimi termini, assegnando a Perugia la cabina di regia di tutte le operazioni di monitoraggio ambientale, non ultima quella che ha riguardato l'impianto Terni Biomassa.
Nel silenzio più totale, la struttura ternana dell’Arpa è stata messa in un angolo in nome di quel processo di regionalizzazione che sta trasformando l'Umbria nella tanto voluta PERUGIA CITTA’ REGIONE. 
Per non lasciare nulla al caso pezzo dopo pezzo da Terni sono state risucchiate verso Perugia l'Ater, l'Atc fino al Provveditorato, e poi l'Arpa. Anche Confindustria si è stata regionalizzata. 
Oggi di fatto Terni sta perdendo quella che può essere considerata la spina dorsale di una città: case popolari, trasporti, scuola e ambiente. 

Terni città e territorio residuale, così come tutta l’Umbria del sud. Eppure qualche cosa di diverso si era mosso.
 
Percorso lungo quello del PROGETTO CIVITER iniziato con la sottoscrizione del protocollo siglato a Terni il 21 Maggio 2014 dove i sindaci di Civitavecchia, Rieti, Terni e Viterbo firmarono il protocollo di intesa CIVITER per iniziare la tanto attesa sinergia fra Comuni. La scommessa da vincere era ben delineata: evitare che si andasse incontro a quella che gli economisti chiamano la “grande divergenza”. 
Era è una scommessa che le città medie, ma non solo, potevano vincere solo facendo rete al loro interno e tra di loro. L’intero sistema territoriale di rete avrebbe ottenuto così un sicuro posizionamento per sfruttare i vantaggi del sistema di relazioni con Roma di quello che si caratterizza come un vero e proprio corridoio nord dell’area metropolitana romana.
Della bontà dell’idea del PROGETTO CIVITER se ne erano accorti e convinti sia lo Studio AMBROSETTI, sia la CONFINDUSTRIA Terni, dove nella loro presentazione del MASTERPLANE del 27 Novembre 2015, per quanto riguarda gli aspetti di carattere logistico, individuavano e riconoscevano l’importanza di CIVITER.
Rimane la convinzione che i due progetti: MACRO REGIONE e CIVITER possono entrambi coesistere se si ha il coraggio di ragionare fuori dagli schemi, superando gli steccati campanilistici e le volontà egemoniche di accentramento a prescindere.
Le scelte di una Macro Regione che non comprenda il Progetto CIVITER potrebbe risultare fortemente penalizzante per il territorio ternano con l’obiettivo percepito che la promozione della Macro Regione serva e sia promossa con l’unico scopo di perpetuare le rendite di posizione politiche e gli schemi di potere consolidatisi in decenni di regionalismo. 
Se si dovesse guardare la proposta di progetto di Macro Regione con gli occhi del territorio dell’Umbria del sud e della cittadinanza ternana potrebbe considerare tali ipotesi di progetto come totalmente irrazionale oltre che, ancora una volta, penalizzante per il territorio ternano e per l’Umbria del sud.

Dubbi suffragati dal fatto che le tre regioni (Marche Umbria e Toscana) sono logisticamente molto distanti, che la contiguità dei confini non è significativa se si pensa che il confine fra Marche e Umbria è costituito dall’Appennino e che i collegamenti stradali e ferroviari sono precari. A pensar male verrebbe da chiedersi se questa proposta non abbia ancora una volta come fine quello di rendere Perugia baricentrica rispetto alla nuova realtà Macro Regionale relegando ancora una volta Terni a periferia estrema. 

I fatti ci dicono che Perugia sta tentando con ogni mezzo di far passare l’idea che Terni dovrà continuare a guardare verso l’attuale capoluogo di Regione per tutte le sue scelte politiche, culturali ed economiche demandando a Perugia la rappresentanza dell’Umbria nella nuova macroregione Centrale (dove naturalmente Perugia stessa si candiderebbe al ruolo di capoluogo), quasi a voler costituire una sorta di macro-provincia perugina. L’ipotesi di una Macro Regione comprendente il territorio individuato da CIVITER potrebbe costituire un nuovo scenario in cui si potrebbero aprire modelli e opportunità di un nuovo sviluppo per il nostro territorio. 

L’assenza infatti di grandi città (Firenze e Roma avrebbero lo status di città metropolitane) e una popolazione diffusa sul territorio, con due centri di attrazione contigui alla futura macroregione, Roma e Firenze, creerebbero le condizioni per un addensamento dei servizi offerti in prossimità di queste due aree metropolitane. 
Arezzo Siena, Prato Pistoia Lucca, Pisa e Livorno graviterebbero intorno all’attuale capoluogo toscano a formare un agglomerato di tre milioni di abitanti, mentre l’asse Civiter (Civitavecchia, Viterbo, Terni e Rieti) rappresenterebbe il corridoio nord dell’area metropolitana di Roma. Sarebbe costituito dalle Province di Terni, Rieti, Viterbo, con l’aggiunta del territorio Spoletino, della Valnerina e del territorio che gravita su Civitavecchia. 
Un comprensorio di 850.000 abitanti con vocazione industriale, di connessione logistica e scambio merci e persone, cerniera fra la capitale e la macroregione Appenninica.

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