Con la semplificazione che lo contraddistingue, da perenne campagna elettorale, il vice presidente del consiglio e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha lanciato un proclama subito ripreso dagli emuli locali, che aspirano a governare questa città nel futuro prossimo.

Afferma Stefano Pastorelli, segretario della Lega di Assisi: “il neo Ministro dell’Interno ed amico Matteo Salvini ha già dichiarato che taglierà i 5 miliardi di euro che fino ad oggi sono stati destinati all’accoglienza degli immigrati, dei quali oltre il 90% non aventi diritto… somme che saranno reindirizzate per la nostra gente, per il lavoro dei nostri figli e per le migliaia di partite Iva che mantengono questo paese”.

In tempi di politica liquida, adottare la demagogia come strumento di comunicazione può andare bene per lucrare voti in campagna elettorale, ma non basta quando ci si accinge a governare un paese complesso ed evoluto, calato in un contesto internazionale democratico e occidentale.

Non si può semplificare in materia di accoglienza, si fa presto a parlare di migranti, tutti da rispedire nei paesi di provenienza, senza tenere conto che attraverso le stesse rotte, sugli stessi barconi, vi sono persone con paesi di provenienza e storie diversi: ci sono sì migranti economici, in cerca di un futuro migliore, e sono quelli che per la gran parte non vedono l’ora di lasciare il bel paese verso quelli con maggiori opportunità del Nord Europa.

Vi sono, poi, i richiedenti asilo, che fuggono da guerre e persecuzioni, che sono protetti non solo dall’art. 10 c. 3° della Costituzione, ma anche e soprattutto dal diritto dell’Unione Europea e dalla convenzione di Ginevra del 1951, norme a cui lo Stato italiano deve conformarsi, in base all’art. 10 c. 1° della Carta costituzionale.

Queste norme, oggetto di numerose direttive europee del 2013 e del 2014, ci impongono l’accoglienza nei loro confronti, fin tanto che non sia stata accertata la loro condizione giuridica, non si tratta di una concessione caritatevole, ma un diritto soggettivo, ed eventuali infrazioni ricadono nella responsabilità degli stati membri.

In attuazione della direttiva comunitaria 2013/33/UE, lo Stato italiano ha emanato il d. lgs. 142/2015 e un successivo decreto del ministro Minniti, contenente norme relative all’accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale.

Il sistema è un po’ complesso e cercherò di semplificarlo il più possibile: la via ordinaria dell’accoglienza, secondo la visione del legislatore nazionale, avrebbe dovuto essere il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), polverizzato sul territorio, con la distribuzione su base volontaria dei comuni di 2,5 migranti per 1.000 abitanti, ma l’adesione dei comuni del Nord, dove regna la Lega, è stata quasi nulla, sicché in detto sistema alla data del 1 aprile 2017 erano accolti solo 25.743 richiedenti asilo, di cui circa 2.000 minori non accompagnati, mentre il grosso dei richiedenti, 136.978, erano ospitati nei CAS, centri di accoglienza straordinaria, che dovrebbero fungere da strutture temporanee, e servire a coprire le emergenze di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti (art. 11 d. lgs. 142/2015).

Secondo un’indagine della Commissione di inchiesta parlamentare della Camera dei Deputati al 17 gennaio 2017 in Umbria erano presenti 3.204 richiedenti asilo, di cui 408 nei comuni che hanno aderito allo SPRAR, 11 tra i quali non vi è ancora Assisi, e 2.796 nei CAS, e cioè un richiedente asilo ogni 277,5 abitanti, se questa si può chiamare invasione.

Passando a parlare di soldi, sia lo SPRAR che i CAS sono finanziati con il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, e facendo riferimento ai dati del DEF del 11 aprile 2017, la cifra prevista era tra i 2,9 e i 3,2 miliardi di euro, e non certo i 5 miliardi indicati dal Ministro.

Per quanto riguarda la ripartizione, con l’ultimo dato disponibile che fa riferimento al 2015, allo SPRAR furono destinati 242 milioni di euro, mentre il restante miliardo di euro è stato utilizzato per la prima accoglienza, che comprende oltre a CAS, anche i CPR che hanno sostituito i CIE, dove si trovano quelli che non hanno fatto domanda di asilo o sono destinatari di provvedimenti di espulsione, che vi dovrebbero restare da 90 giorni ad un massimo di 12 mesi.

Alle somme indicate vanno aggiunte le spese per le operazioni di soccorso e salvataggio in mare, che ammontavano a circa 800 milioni di euro e ogni anno l’Italia riceveva e riceve dalla UE un contributo che nel 2016 era pari a circa 120.000.000 di euro, che è cresciuto nel 2017, a cui vanno aggiunti i fondi distribuiti dalla Commissione Europea tramite i bandi del fondo FAMI, Fondo Asilo Migrazione e Integrazione, che ammontano a circa 600.000.000 di euro per il periodo 2014-2020.

La dotazione originaria prevista per l’Italia dal regolamento istitutivo del FAMI n. 516/2014 era pari ad € 387.698.100,00, poi incrementato di € 37.398.000,00 per finanziare operazioni di reinsediamento e ricollocazione, poi di ulteriori € 33.734.323,00 per interventi a supporto dell’integrazione dei cittadini di Paesi terzi e di rimpatrio, per una cifra complessiva a gennaio 2018 di € 381.488.100,00.

Come si intuisce, questi soldi non sono nostri e non possono essere sforbiciati, perché si prederebbero e basta.

Non possono essere ridotti nemmeno quelli a carico dello Stato, intanto perché come al solito si tratta per una parte di soldi virtuali in quanto, come è d’uso in tempi di crisi, anche il decreto legislativo 142/2015 ha previsto la dotazione del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, che sono quelli per l’accoglienza minima, “nei limiti delle risorse disponibili”, cioè finché ci sono, il che rende il Fondo inadeguato all’effettivo fabbisogno provocando una palese violazione degli “obblighi di assistenza dei richiedenti asilo previsti dalla direttiva UE sull’accoglienza dei richiedenti asilo”, come ha rilevato una sentenza della Camera Grande della Corte Europea dei diritti umani (Tarakhel c. Svizzera del 14/11/2014).

Anche questi fondi, quindi, non possono essere ridotti e qualche dirigente del ministero deve averlo spiegato al ministro novello, che oggi ha ridimensionato al 10% la grandezza della sforbiciata, ma a Pastorelli chi lo spiega che governare è complicato e bisogna prepararsi per tempo.

Non sono convinto che il messaggio venga accolto dai leghisti locali, è più facile fare proclami e sparare alla luna che studiare i dossier.

Franco Matarangolo              

 

 

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