Giovanni Russo Spena 

Della storia della rivoluzione bolscevica siamo figli e parte. Nessuna abiura o rimozione. Nessun abbandono alla "critica roditrice dei topi" , come scrisse Marx. Anzi, sono convinto che anche la ricostruzione democratica , oggi, in Europa e in Italia , non possa prescindere dalla memoria di un movimento di popolo straordinario .
Il Novecento non è un cumulo di errori, orrori, macerie, totalitarismi. La verità storica è che i proletari, i soldati fuggiaschi, le plebi contadine, come Lenin comprese (anche in minoranza, all'inizio, nel suo stesso partito) non potevano essere ingabbiate nella morsa del costituzionalismo e del gradualismo. Lo " spettro si aggira ancora nel mondo ". Perciò mi irrito quando si dice " ripartiamo da zero". Ripartiamo, infatti, da Marx, perché il marxismo è una gigantesca teoria politica. Va conosciuto e reinterpretato. Perché, marxianamente, l'identità comunista non è qualcosa da conservare, dogmaticamente, ma da rifondare giorno dopo giorno.
Un partito comunista, infatti, è storia di una rifondazione continua, dentro e contro il perenne tumultuoso rivoluzionamento del capitale. Perché comunisti oggi? Perché giunge a piena maturazione la previsione marxiana del libro primo de "il Capitale": "la personificazione delle cose e la reificazione delle persone". Il nostro punto di vista vive nella connessione tra critica dell'economia politica e critica sociale. E' proprio questa, a me sembra, la "rottura comunista" di Marx:perchè l'attività sociale non è un processo meramente politico ma investe necessariamente la trasformazione radicale della sfera della produzione.
Leggo, oggi, come molto attuali le prime parole della "Critica al Programma di Gotha": non il valore di scambio, ma i valori d'uso, le relazioni sociali ricche perché liberate dallo sfruttamento e dall'alienazione sono al centro di un progetto alternativo.
"Se vince il proletariato non diventa il lato assoluto della società: infatti esso vince togliendo se stesso e il suo opposto". Qui il comunismo marxiano rimette al centro, con straordinaria attualità, la contrarietà all'ideologia dell'"uomo maschio produttore ", introduce la concezione del "limite" dello sviluppo, di una ecologia radicale e di sinistra.
Gramsci sviluppa questo concetto con gli interrogativi di fondo: che cosa produrre, per chi produrre, come produrre? E chi decide cosa produrre? Il comunismo, quindi, non è mera nostalgia, né un reperto archeologico. E' l'unica soluzione positiva alla crisi del capitalismo. La crisi del capitale è una enorme distruzione di ricchezze e di umanità, sino alla guerra. Così come il razzismo la xenofobi  ,la mistificazione sovranista servono alla "governabilità" del capitale per aumentare lo sfruttamento e ridurre il valore del lavoro.
La crisi della globalizzazione liberista non distrugge solo il capitale ma le condizioni di vita dell'umanità oltre che la natura. Il capitalismo (cito Rosa Luxemburg di "socialismo o barbarie") ha imboccato la strada della barbarie, perché non è più in grado di riprodursi nell'abbondanza. Vogliamo redistribuire il lavoro, socializzare la ricchezza, costruire, con il conflitto, un potere di autogoverno diffuso.
L'unica uscita dalla crisi sta nel superamento del capitalismo. Questo è quello che chiamiamo comunismo: cooperazione e non concorrenza; autogestione e non competitività.
 

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