LUIGI DI CIAO - Whatever it takes
La mia riflessione non può prescindere dall’analisi del comportamento umano, un po’ per deformazione professionale, un po’ perché i comportamenti, più delle parole, qualificano persone, situazioni e contesti.
E il taglio che userò in questo intervento è quello dell’aneddotica personale, simile a quello che si usa in Aula per commemorare gli onorevoli de cuius.
Ieri quando ho ricevuto la domanda: tu che fai? Ho risposto: a sto fenomeno preferisco una persona normale, come Conte, una persona elegantemente normale, una persona perbene.
Di profondo spessore professionale, culturale,
umano e con grande spirito di sacrificio. Uno che sa prendere posizione invece che posizionarsi.
E guardate bene che io Conte personalmente non lo conosco, non lo frequento, non l’ho mai chiamato al telefono. In tutto questo tempo gli ho mandato un solo wa. Ne ho avuto modo di lavorare a stretto contatto con lui dal momento che non ho mai fatto parte, per mio demerito personale, dei suoi governi.
Quindi come lo so? Semplice percezione di energie sottili.
Mentre conosco bene certi fenomeni talentuosi. Sono quei fenomeni che per nutrire il loro ego incessantemente affamato di conferme e riscatto sacrificano gli altri, mandando tutto a puttane. E non lo dico con livore, ma con struggente tenerezza.
Dentro le organizzazioni, questo tipo di fenomeni talentuosi li devi saper gestire e utilizzare per la causa, perché altrimenti ti useranno loro per i propri fini, come difatti è avvenuto.
Non è una colpa, la loro, è una modalità.
La lettura ipotetica che faccio io dell’operazione “Whatever it takes” di Di Maio è che sia il frutto di un lungo lavorio di addomesticamento istituzionale, preparato nel tempo, che potrebbe aver giocato al fautore la promessa d’una duratura permanenza politica.
Il nostro fenomeno si sarebbe presentato con gli uccellini tra le fauci, depositati uno ad uno nelle sedi giuste dei palazzi, a risarcimento della mancata elezione a Presidente della Repubblica di Draghi e a suggello del disinnesco della portata rivoluzionaria del fu M5S. Da boom a miccetta.
A mio avviso la responsabilità di quello che è accaduto è diffusa e risalente nel tempo.
Perché il fenomeno Di Maio è stato incautamente e generosamente costruito ad arte all’interno del M5S, a cui per ingenuità o comodità, è stato affidato troppo potere assoluto, a cui sono state spianate troppe strade, apparecchiati troppi palchi, allestito scenette, recite e claque, calati troppi coriandoli gialli, anche con la manina gaudente di quello della Srl di Milano, quello che adesso parla per interposta moglie e che gestiva la comunicazione del m5s.
Fenomeno sicuramente capace si, capace di recitare qualsiasi copione gli mettessero sotto il naso.
Di dire di tutto e il suo contrario, a seconda della propria convenienza del momento.
E quando dici tutto e il suo contrario vuol dire che non credi a niente.
Come quando diceva, come capo politico del M5s, che chi cambiava casacca doveva dimettersi e farsi rieleggere col nuovo partitino, pena una multa da 150 mila euro.
E ora che la casacchina di sartoria l’ha cambiata lui e i suoi colleghi, come la mettiamo?
A proposito di soldi e malloppo:
Voglio sapere se e di quanto i miei colleghi fuoriusciti siano in debito rispetto agli impegni presi riguardo alle restituzioni.
L’impegno delle restituzioni era un prerequisito di candidatura ed è un tema a cui i nostri attivisti ed elettori sono sempre stati sensibili.
Un tema quello del malloppo non restituito che nel tempo è stata anche la scusa per allontanare coloro che avevano posizioni critiche all’interno del moV. e sul quale si sono consumate le peggiori nefandezze.
Quindi voglio che sia resa nota la lista nominativa di coloro che sono fuoriusciti, con tutti i debiti maturati fino adesso. Non per livore, ma per un’operazione di verità.
Un’ultima riflessione su merito e valore:
una cosa che mi ha dato proprio fastidio è che alcuni miei colleghi fuoriusciti sostengono che l’uno non vale l’altro, sottintendendo, quindi, che loro sono migliori degli altri perché hanno fatto esperienza, grazie a una poltroncina di presidenza o di governo. Innanzitutto vorrei ricordare loro che abbiamo fatto esperienza grazie ai click di quegli attivisti che ci hanno dato fiducia come portavoce. Quindi quell’esperienza la devi mettere a disposizione per far crescere la tua comunità e non sventolarla per rivendicarne l’esclusività e la tua inamovibilità poltronistica.
In secondo luogo, poi, mica sempre si è ottenuta quella poltrona per meriti, ma magari - ipotizzo - per capacità di scodinzolamento, per continui piagnistei telefonici, per cordatine varie, per essere amichetti, spioni e confidenti di, insomma per dinamiche tipiche di un clima relazionale insano, che ha caratterizzato la nebulosa disorganizzativa del moV per lungo tempo.
E motivo dell’insofferenza nei confronti di Giuseppe Conte è anche data dal fatto che lui ha avuto il merito di aver dato un’architettura chiara al moV, con procedure e ruoli trasparenti, con percorsi chiari, come quelle grandi mappe di orientamento, con la scritta “tu sei qui”. E quindi difficilmente manipolabili a proprio piacimento.
Concludo citando qualche qualità che dovremmo possedere:
1- Lealtà e non fedeltà, perché la lealtà è degna di un essere bipede e senziente, mentre la fedeltà si addice più a un quadrupede scodinzolante;
2- Coraggio;
3- Coerenza, cioè pensare veramente quello che si dice;
4- Autenticità, che significa corrispondenza a verità;
5- Umiltà, perché le persone di vero valore si pongono, spesso e volentieri, sempre al ribasso.
Uno non vale l’altro, soprattutto quando non ha un prezzo per essere comprato.
Roma, addi 22 giugno 2022
 

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