UMBERTIDE - Nei precedenti quattro anni di consiliatura per Umbertide Cambia la questione Moschea è stata, per la sua valenza sociale e culturale, uno degli argomenti centrali. Tre gli aspetti alla base del nostro intervento: diritto/dovere di informazione, principio di legalità, nuove relazioni di comunità. Anche in campagna elettorale abbiamo coerentemente sintetizzato in uno slogan le nostre chiare intenzioni: “blocco del cantiere e nuovo patto di cittadinanza”. Che significa, fermiamoci un attimo e ricostruiamo un percorso basato sul riconoscimento dei diritti, ma al tempo stesso sulla individuazione di precisi doveri e responsabilità. Questo è il senso del Patto di cittadinanza che abbiamo più volte presentato in Consiglio Comunale, regolarmente bocciato, ed è anche il senso della richiesta di sopralluogo presso l’attuale Moschea che abbiamo inoltrato nel mese di dicembre 2017, insieme alla verifica del rispetto della convenzione alla base della gestione della Piattaforma, tanto per non fare parzialità.

Questo significa rispetto della legalità: se non ci sono le condizioni di agibilità, come se non si rispettano le regole di un contratto, una Amministrazione seria deve intervenire. Quella precedente, Sindaco Locchi, non lo ha fatto, dando un messaggio negativo. Come a dire: ad Umbertide ognuno può fare come gli pare! Non può essere così. Tutti sappiamo che in quel terreno una Moschea, quella nuova, non si può fare. Tutti sappiamo che si sta formalmente realizzando un “centro culturale”. Tutti sappiamo che comunque lì ci pregheranno. Come lo stesso protocollo firmato con il Prefetto sancisce.

Abbiamo bisogno di un avvocato per capirlo?  L’esigenza è piuttosto che fare. Interessare la Regione, cambiare la destinazione d’uso del terreno, impedire la preghiera, mettere le sentinelle per controllare, mandare via tutti gli stranieri. O piuttosto trovare una soluzione concordata.

Noi intendiamo laicamente riconoscere alla comunità islamica locale, ed a tutte le espressioni religiose, l’esercizio del proprio culto. Quello che ci interessa è stabilire come la stessa comunità musulmana e le altre comunità straniere partecipano attivamente alla vita della comunità umbertidese, assumendo appunto doveri e responsabilità.

Da qui l’esigenza di un confronto. E di un accordo: un patto di cittadinanza o di comunità. Certo, dovremo cercare in tutti i modi di stimolare e sostenere, all’interno delle diverse culture, le posizioni più libere ed aperte. Quelle che riconoscono i principi costituzionali alla base della nostra convivenza civile. E quelle che si dicono disponibili a collaborare per consentire un controllo (a partire, nel caso della Moschea, dai finanziamenti, per arrivare alle attività svolte, passando per le presenze) e contrastare fenomeni di criminalità o disagio che riguardano comunque Umbertide nella sua complessità, non alcune parti. Dalla droga, al lavoro nero, alla occupazione abusiva di spazi, al diritto allo studio, al rispetto della condizione femminile.

Tutto questo non è contemplato nella posizione elettorale della Lega (nessuna Moschea ad Umbertide), né in quelle dei partner di governo (realizzare solo il piano terra). Entrambe tendono a considerare la questione alla stessa stregua di una pratica edilizia, come all’inizio fece, sbagliando, l’Amministrazione Giulietti, soffocando una utile e necessaria fase di partecipazione che avrebbe certamente risolto in modo diverso una polemica che, tra l’altro, ha notevolmente contribuito al risultato elettorale.

Riportiamo dunque il confronto nel suo alveo più costruttivo. Equamente lontano da pregiudizi razziali e da un “buonismo” ipocrita e pericoloso, ma soprattutto distante dal tentativo di manipolare ancora una volta l’informazione. Un parere legale può rappresentare uno schermo per mascherare la difficoltà di trovare una sintesi tra posizioni inconciliabili all’interno della maggioranza verde-arlecchino. Ma non può essere una soluzione politica. Per quella occorre chiarezza, confronto vero e soprattutto coraggio.

Umbertide cambia

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