di Alfonso Gianni

Chiamiamolo pure partito, che non fa male. Anzi, aiuta a chiarire. Poi si dirà che non sono riproponibili le vecchie forme-partito. Sì, ma neppure il vuoto che lascia in balia le persone e la democrazia a ogni avventurismo populista destrorso. Quindi ne parla D'Alema nei webinar, ne scrive Bersani oggi sul Manifesto. Quest'ultimo parla di un partito che "promuova uno spazio aperto e plurale e lo delimiti affermando valori e discriminanti". Ancor meglio aveva detto Nadia Urbinati nel webinar organizzato da ItaliEuropei di qualche settimana fa : "Bisogna ricostruire il campo ideologico della sinistra". Infatti questo per me è il punto. E allora viene spontaneo chiedere a D'Alema o a Bersani se non si rendono conto che proprio la loro azione ha contribuito in modo rilevante a sfondare quel campo ed a sostituirlo con una sorta di social-liberismo. Certamente:  meglio il senno del poi che quello del mai. Ma non è convincente senza un ripensamento critico e autocritico del proprio passato. La sua assenza pregiudica la credibilità della riflessione che oggi tardivamente si vorrebbe aprire. E questo vale per tutti, ben sapendo che il peso delle responsabilità dell'attuale situazione non è e non va distribuito in maniera uguale. A ciascuno il suo.

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