“Troppa grazia Sant’Antonio!” ci viene da dire dopo una giornata che in un colpo solo ci ha portato tre buone notizie sul piano politico italiano ed internazionale.

La prima, quella che ci riguarda più da vicino, è l’esito del tutto imprevedibile della votazione, a Montecitorio, di un emendamento di per se di scarsa rilevanza che ha scardinato l’anomala alleanza che si era determinata attorno al testo della nuova legge elettorale che ci avrebbe portato alle urne a settembre, almeno stando ai desiderata del leader del Pd Matteo Renzi.

Un accordo apparentemente impossibile a sostegno di un testo che avrebbe determinato la elezione di un Parlamento di nominati, per volontà comune di PD, M5S, Forza Italia e Lega Nord, se non che, sul più bello, questo castello di carta è crollato loro addosso con nostra grande gioia.

E sì, perché se l’inciucio fosse proseguito ci avrebbero servito un “tedeschellum” con uno sbarramento difficile (anche se non del tutto impossibile) da superare, in specie per nuove aggregazioni che potrebbero crescere a sinistra e che si sarebbero trovate la strada  verso il Parlamento resa più ardua dalla necessità di superare la trappola del cosiddetto “voto utile”.

Pericolo scampato, almeno per ora: non si voterà a settembre, come auspicato dall’ex premier (Gentiloni stai sereno! Ma senza abbassare troppo la guardia).

La seconda buona nuova ci è arrivata ieri dagli Usa, dove pare essersi avviato un processo che potrebbe concludersi con l’impeachment di Donald Trump, il ridicolo sosia americano del nostro indimenticato Bobby Solo che occupa la Casa Bianca.

L’ex direttore Fbi James Comey, recentemente defenestrato da Trump perché “incapace”, si è tolto un sassolino dalla scarpa e, interrogato al Senato, ha detto che in realtà il suo allontanamento era dovuto al fatto che non si era piegato ai ripetuti diktat di Trump affinché chiudesse l’indagine sulle ingerenze russe nelle elezioni presidenziali e, soprattutto sui molteplici contatti intrattenuti da uomini dello staff del tycoon americano con l’ambasciatore di Putin a Washington. “Non ci sono dubbi – ha anche affermato Comey tanto per essere chiaro fino in fondo – che la Russia ha interferito sulle elezioni”, anche se, ha poi aggiunto,  “nessun voto è stato alterato” dagli hacker del Cremlino.

Per onestà politica dobbiamo dire che anche noi ci rifiutiamo di pensare che gli americani abbiano votto Trump perché influenzati da tali indebite ingerenze. Più semplicemente pensiamo che i democratici siano stati sconfitti per demeriti propri, o per meglio dire perché si sono affidati ad una candidata di apparato, di scarso carisma ed incapace di interpretare i bisogni veri del loro elettorato più tradizionale. In altr parole agli interrogativi che si ponevano sul loro futuro gli operai di Detroit  o di Chicago la Clinton non ha saputo fornire quelle risposte e che con tutta probabilità li avrebbe meglio rassicurati al riguardo Bernie Sanders con il suo chiaro linguaggio di sinistra che li avrebbe sottratti al fascino qualunquistico del supermiliardario di turno, capace di incantare masse disperate. Un fenomeno che noi italiani ben conosciamo.

Linguaggio di sinistra che è stato, invece, sapientemente miscelato dal leader laburista inglese Jeremy Corbyn con proposte economiche sensate e innovative che hanno riacceso le speranze di una classe lavoratrice che aveva abbandonato la sinistra e che in questa occasione è tornata a votarla in massa, unendosi anche a tanti giovani che si sono mobilitati come non mai per chiudere in ciclo buio anche per loro che rischiava di prolungarsi all’infinito.

“Lavoratori”, “giovani” e “speranza”, le tre parole chiave che hanno scardinato i piani della conservatrice Theresa May che, furbescamente (alla Renzi, oseremmo dire) aveva tentato il colpo del ko convocando le elezioni, convinta di un successo senza precedenti, tale da rafforzare la sua premiership. Invece ha perduto la risicata maggioranza che possedeva in parlamento ed ora è costretta a mendicare i voti che le mancano per contrattare fra una settimana in Europa l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione.

“Lavoratori”, “giovani” e “speranza”, tre parole chiave alle quali va aggiunta anche “unità” che parimenti la nuova sinistra italiana in costruzione dovrà coniugare se vuole ambire ad esercitare un ruolo non più marginale nel nostro Paese.

Ep

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