Tornare a fare spettacolo è una necessità, tornare a farlo come prima sarebbe una follia. A un anno esatto dall'inizio della pandemia, le lavoratrici e i lavoratori del settore, insieme al sindacato, si mobilitano in diverse piazze italiane. In Umbria la piazza non può che essere virtuale vista la gravissima situazione sanitaria, ma non per questo meno importante: “Come Slc Cgil dell'Umbria vogliamo mandare oggi un messaggio forte e chiaro – ha detto stamattina nel corso di una conferenza stampa il segretario generale Enrico Bruschi – riaprire è necessario, ma occorrerà farlo sostenendo il lavoro di questo comparto, nelle sue mille forme e sfaccettature”. La ricchezza del settore dello spettacolo, in particolare in Umbria, sta infatti proprio nella sua grande varietà e diffusione territoriale. “Il rischio che dobbiamo evitare - ha sottolineato Emanuela Faraglia, responsabile produzione culturale per la Slc dell'Umbria – è proprio quello che quando la ripartenza ci sarà, speriamo il prima possibile, essa possa riguardare solo il vertice della piramide, quindi le realtà più grandi e visibili, ma lasciare briciole a tutto quell'universo variegato di realtà impegnate nel teatro di ricerca, nel sociale e in stretto rapporto con la cittadinanza e le realtà associative”.
“Paradossalmente la pandemia ci ha fatto prendere coscienza sia della grande ricchezza che la realtà dello spettacolo rappresenta per l'Umbria, sia degli enormi limiti, delle zone grigie, del mancato rispetto di regole e contratti che caratterizzano il settore – ha aggiunto Alessandro Sesti, rappresentante di Adu – Tornare a come eravamo prima non sarà accettabile, ed è per questo che sarà fondamentale aprire una fase nuova, nella quale la Regione Umbria dovrà giocare un ruolo chiave”.
E proprio con la Regione e le associazioni di settore il confronto è aperto: nei primi di marzo dovrebbe prendere il via (finalmente) il tavolo del settore, che dovrà appunto preparare il terreno per una riapertura “sostenibile”, che rompa con la prassi dei finanziamenti a pioggia e indirizzi le risorse in maniera mirata, guardando alla tutela dell'occupazione e alle reali esigenze del territorio.
“Come sindacato abbiamo imparato in questo anno a conoscere un settore dalle grandi potenzialità, ma poco organizzato, senza tutele, caratterizzato da forte precarietà – conclude Enrico Bruschi – È evidente che qualsiasi possibilità di ripresa per l'Umbria non potrà prescindere anche di questo pezzo importante del suo patrimonio sociale, culturale ed occupazionale”.

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