di Piero Sansonetti

Il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha riferito al Parlamento sulla tragedia di Cutro nella quale hanno perduto la vita tra le 70 e le 100 persone e almeno 15 bambini. Si è difeso sostenendo la tesi fantasiosa secondo la quale non si poteva far niente per evitare il disastro. Ha omesso di rispondere alle domande fondamentali poste nei giorni scorsi dai giornali, e ad alcune domande, invece, ha risposto non dicendo la verità.
Non ha presentato le dimissioni e ha ricevuto la copertura, seppure chiaramente non entusiasta, della sua maggioranza e della stessa Presidente del Consiglio. Il Pd e la sinistra hanno protestato in modo robusto. Ora vedremo se questa protesta è l’inizio di un nuovo modo di fare opposizione ma anche di una nuova politica sull’immigrazione e l’accoglienza che cancelli tante vergogne del passato. Piantedosi ha sostenuto che non c’era stato nessun allarme fino a pochi minuti prima dello schianto. Questo evidentemente non è vero perché da tutte le carte risulta che Frontex aveva avvertito le autorità italiane alle 22,26 della sera di sabato, circa sei ore prima del naufragio.
Aveva spiegato di avere avvistato una barca, aveva detto di aver riscontrato coi radar che a bordo c’erano diverse persone, aveva detto che si trovava a circa 40 miglia dalla costa di Crotone, aveva detto che non si vedevano salvagenti, aveva fotografato l’imbarcazione, un caicco, che risaputamente ha una carena molto profonda, ed è una barca destinata a incagliarsi o a sfasciarsi nelle acque basse, per di più disseminate di scogli. Frontex aveva anche precisato che la linea di galleggiamento del caicco, il bagnasciuga, era molto bassa.

Piantedosi non ha detto che l’Rmcc, cioè l’istituto incaricato di organizzare l’intervento in mare, aveva aperto un evento “Sar 384” molte ore prima delle 4 del mattino di domenica. L’evento “Sar 384” prevede l’intervento immediato di tutte le imbarcazioni in grado di raggiungere l’imbarcazione avvistata, a differenza della procedura di “Law Enforcement”, che prevede l’intervento di polizia. Perché allora sono uscite solo le motovedette della Finanza, per una operazione di polizia, e non è stata inviata la guardia Costiera? Non ha risposto Piantedosi a questa elementare domanda.
Il ministro Piantedosi ha sostenuto che non si ravvisavano situazioni di pericolo. Evidentemente è una cosa non vera, visto che le motovedette della Finanza erano uscite in mare e poi tornate in porto perché le condizioni del mare erano troppo pericolose. Il ministro Piantedosi ha sostenuto che gli scafisti hanno virato all’improvviso, vicini a terra, perché hanno intravisto le luci dei mezzi della polizia che li aspettavano, e questa virata avrebbe provocato lo schianto. In realtà, al momento dello schianto nessun mezzo della polizia era sulla costa: le forze dell’ordine sono arrivate solo 35 minuti dopo il naufragio.
Il ministro Piantedosi non ha spiegato perché le forze dell’ordine sono arrivate con 35 minuti di ritardo, e i primi soccorsi sono stati lasciati a due pescatori e due carabinieri. In quei 35 minuti si potevano salvare decine di vite. Il ministro Piantedosi ha sostenuto che “nel 2016, quando era ancora operante l’operazione umanitaria “Mare Nostrum”, con un possente dispositivo aeronavale e la presenza delle navi Ong, le vittime nel canale di Sicilia furono 4564 secondo i dati Oim”. I dati Oim sono giusti: le date sono sbagliate.

L’operazione Mare Nostrum fu chiusa nel 2014 e le Ong sono arrivate dopo proprio per coprire quel vuoto. Possibile che nessuno abbia informato il ministro dell’Interno almeno dei passaggi essenziali della vicenda del Mediterraneo in questi ultimi anni? Possibile che un membro del governo si presenti così impreparato al Parlamento? Non sono questi appena elencati tutti elementi sufficienti – uno ad uno – per giustificare un gesto dignitoso e serio di fronte al paese. E cioè le dimissioni? Che, sia chiaro, non hanno niente a che fare con la battaglia politica o con la dialettica tra maggioranza e opposizione. Sono un modo semplice, e inevitabile, per difendere l’onore del paese e dello stato.

Fonte: Il Riformista
 

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