di Isabella Rossi

Se per Courbet l’origine del mondo si scopre con uno sguardo realista all’universo femminile. Nell’omonimo spettacolo di Lucia Calamaro, mercoledì scorso in scena al Teatro Cucinelli di Solomeo, la perlustrazione del femminile è tutta interna e surrealista. E scandaglia a vista feticci e mostri, istinti, idiosincrasie e dogmi sparsi lungo i fondali silenziosi di un oceano sempre meno inconscio. Ci sono riti nella vita di una donna che si consumano in luoghi al di fuori di ogni sospetto. Dal frigo alla lavatrice fino alla poltrona di una psicanalista. Quando il mondo fuori è off limits, sopravvivono gli interni di una vita di donna. Isole di parole aggrappate al quotidiano che liberano emozioni senza rete, a volte raccolte da altre donne. Simili e distanti, complementari o antagoniste. Proiezioni del sé. Al centro c’è Daria, (Daria Deflorian, premio Ubu miglior attrice 2012) che vive con sua figlia (Federica Santoro, premio ex aequo Ubu miglior attrice non protagonista). Ma anche “mammà” (Daniela Piperno) echeggia tra le pareti domestiche, quasi mezzo di contrasto alle certezze conquistate. Poi la vita va avanti. E ogni volta che tutto sembra scontato, niente lo è. Perché l’interno di donna, con le sue squisite, a volte ipertrofiche lentezze domestiche sovverte dogmi e pregiudizi, dimostrando anche a Solomeo in oltre tre ore di spettacolo, di quanta suspense sa essere capace un racconto del femminile. Il segreto sta nei dialoghi densi soffiati con leggerezza, nei  ritmi e nel fascino di quel sospeso, interno, femminile che è desiderio e spesso disincanto. Fino all’uscita dal tunnel. Un lavoro eccellente, non a caso pluripremiato che dimostra come all’origine del mondo ci sia soprattutto il talento.

Condividi