di Mario Capanna
L’1 gennaio è l’anniversario di Al Fatah, la principale organizzazione palestinese.
Questo articolo, tradotto in arabo, vuole contribuire al dibattito tra le forze della Resistenza.
UNA SVOLTA PER I PALESTINESI
Occorre fare degli ostacoli che incontriamo
dei punti di partenza.
(Martin Luther King)
Posso dire di avere passato una vita a sostegno della causa palestinese. Ne sono orgoglioso.
Il mio primo contatto diretto avvenne nel settembre 1970, quando partecipai, ad Amman, in rappresentanza del Movimento studentesco milanese, al congresso nazionale degli studenti palestinesi. Fu lì che vidi per la prima volta Yasser Arafat, che tenne il discorso conclusivo.
In seguito fra lui e me venne a stabilirsi un rapporto, duraturo nel tempo, di reciproca stima e di intensa amicizia.
Fino al mio libro “ARAFAT. Intervista al Presidente dello Stato palestinese” (Rizzoli, 1989), tradotto anche in giapponese, dove egli, per la prima volta, parlava a tutto campo delle tragiche vicende del suo popolo, di Israele, del Medioriente, dell’Europa, del mondo. Riletto oggi appare di un’attualità sconcertante.
L’ho incontrato decine di volte, conoscendo anche gli altri dirigenti dell’ Olp, ho viaggiato con lui nel suo aereo, e ricordo la sua gioia quando gli portavo i miei vasetti di miele umbro…
Ho sempre ragionato, anche da segretario nazionale di Democrazia Proletaria, senza schematismi, considerando miei fratelli sia i palestinesi sia gli israeliani, ma essendomi sempre chiaro che quando un fratello opprime l’altro, bisogna stare dalla parte dell’oppresso.
Tutto questo per dire che credo di avere diritto di parola.
Cari fratelli palestinesi,
le avete provate tutte: la lotta armata, l’Intifada, i negoziati pace (Oslo), i ricorsi all’Onu ecc. E, purtroppo, non avete ottenuto il vostro Stato.
La ragione di fondo, al di là degli errori dei vostri dirigenti e dell’opportunismo dei paesi… “fratelli”, è che conviene agli Usa – e, oltre le chiacchiere, anche all’Europa – usare Israele come cane da guardia contro i popoli arabi.
Oggi il popolo palestinese è stato ridotto al silenzio. Altre sono le priorità adesso: la tragedia siriana, quella libica, dei curdi, la guerra da parte dell’Arabia saudita, il ruolo dell’Iran, della Turchia ecc.
Ma abbiate fiducia: Israele e i suoi potenti alleati non sono affatto invincibili. Li potete battere a patto che realizziate una svolta radicale nel vostro modo di essere e di agire: abbracciate la lotta non violenta e la disubbidienza civile.
Sì, come Gandhi poté battere l’impero inglese, così voi potrete vincere i vostri avversari e finalmente costruire lo Stato palestinese che conviva in pace con Israele.
Certo, la svolta è impegnativa: richiede la riunificazione fra Hamas, Al Fatah e tutte le componenti della Resistenza, il superamento dei vecchi dirigenti, prigionieri di vecchi modi pensare, sostituendoli con esponenti giovani e non corrotti, tramite elezioni generali che creino le condizioni della svolta.
Al di fuori di questa prospettiva, proprio alla luce della vostra dolorosa storia, la vostra liberazione sarà impossibile. Controprova: fino a quando potrà continuare il “gioco”, per cui Hamas lancia missili e Israele bombarda (o invade) Gaza, con un saldo per voi che è sempre meno di zero?
Cari fratelli palestinesi,
la vostra disubbidienza civile, prolungata, tenace, non violenta renderebbe Israele e i suoi alleati inescusabili agli occhi del mondo. Non potrebbero più reggere la vostra intelligente offensiva di lotta e di pace.
Lo storico pacifista israeliano Uri Avneri ha scritto che la maggioranza dei suoi connazionali non riesce neppure “a immaginare la pace. La guerra rientra nel normale ordine delle cose. Non li spaventa. Sanno che cosa debbono fare, come cavarsela. La pace, invece, va oltre quello che possono conoscere, li sconcerta, magari li preoccupa, come tutto quello che è sconosciuto”.
Ecco perché la vostra svolta non violenta favorirebbe anche la crescita dei movimenti di pace all’interno di Israele.
Ogni equivoco sparirebbe, e la vostra lotta di liberazione farebbe rifulgere la dignità inesauribile del vostro popolo che, contando sulle proprie forze, costruirebbe la nuova storia: vostra, del Medioriente e del mondo.
Con un forte abbraccio di lotta e di speranza nel futuro
 

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