da INVICTUS.

A Catania c’è una strada. È incastonata tra via Sebastiano Catania e via Galermo. Su quella lingua d’asfalto, si trova la Scuola calcio “Giovani Leoni”. Quella strada ha un nome particolare, quasi impronunciabile. Quella via racconta una storia. Quel tragitto narra la vicenda di un uomo, di un eroe.
Geza Kertesz, nasce a Budapest, Ungheria, il 21 novembre del 1894. Fin da bambino vuole fare il calciatore. Nel 1911, giovanissimo, fa il suo esordio nel club della sua città, il BTC Budapesti. Ruolo: centrocampista. È alto, molto tecnico, ma anche molto lento. È così lento che lo chiamano “lajhar”, il bradipo. Geza, però, era soprattutto bravo. Sopperiva quel suo difetto con dei piedi sopraffini. Era così talentuoso che poteva ricoprire qualsiasi ruolo. Era così bravo che nel 1914 riuscì, per la prima e unica volta, a giocare in nazionale. Vanta un’unica presenza, a Vienna, contro l’Austria.
Geza non è solo un calciatore, è un patriota. Ama la sua nazione. Allo scoppio del primo conflitto mondiale, si arruola. Si distingue nell’esercito fino ad ottenere il grado di tenente colonnello. È un leader, per natura. Alla fine della “Grande Guerra” riprende la sua carriera calcistica, giocando nel mitico Ferencvaros. Nel 1924, decide di lasciare l’Ungheria. Decide d’intraprendere la carriera di allenatore. È nato per insegnare calcio. La sua voglia di allenare lo porta in Italia, a La Spezia, in seconda divisione. Allena e centra la promozione in prima divisione. È un allenatore “spregiudicato”. Il suo è un gioco innovativo, offensivo. È il primo ad introdurre il “ritiro” finalizzato a rafforzare lo spirito di squadra. Inizia un lungo pellegrinaggio professionale che lo porterà a girovagare nella provincia italiana e nelle serie minori del nostro calcio. Geza è bravo, è innovativo. Ovunque lascia il segno. Da La Spezia si trasferisce alla Carrarese. Successivamente a Viareggio, poi a Salerno. Il suo viaggio professionale prosegue a Catanzaro. Con la Catanzarese conquista una storica promozione in serie B. Nel 1933, l’idilliaco rapporto con la Catanzarese si scioglie. Geza è stato ingaggiato dal Catania. Il giorno della sua partenza, alla stazione di Santa Eufemia di Lamezia, decine di tifosi sono lì a salutarlo. Sono lì a salutare quell’uomo. Geza non è solo un bravo allenatore. È un uomo colto. Ama suonare il pianoforte. Ama la filosofia. È alto e dinoccolato. I suoi occhi sono piccoli e ammiccanti. È simpatico, raffinato. E ‘un uomo retto, tutto di un pezzo. È un uomo perbene, amato dai tifosi.
Quel treno lo porta a Catania. Il Catania è una società “giovane”. Il connubio tra Geza e il Catania è folgorante. Tra l’allenatore magiaro e il presidente, Vespasiano Trigona di Misterbianco, s’instaura un rapporto particolare, speciale. Prima di ogni partita, erano soliti pranzare insieme. Era un rito scaramantico. Un rito che portava fortuna. Così tanta fortuna che, nel 1934, il Catania ottiene la sua prima, storica promozione in B. Nel 1935, la società etnea, con quell'ungherese tutto di un pezzo in panchina, sfiora la promozione in A. Con l’addio dell’amico presidente, anche Geza lascia il Catania. Il suo viaggio continua. Da Catania a Taranto, dove conquista un’ennesima promozione in B. Da Taranto a Roma, sponda Lazio, in serie A. Dalla Lazio, all'Atalanta. Da Bergamo, ritorna a Salerno e, successivamente, si regala una nuova avventura, meno fortunata, a Catania. Nel 1942, si spalancano, nuovamente, le porte della massima serie. È chiamato ad allenare la Roma, campione d’Italia uscente. Non sarà una parentesi memorabile. Il gioco di Geza non viene assimilato dalla squadra capitolina, i risultati sono scarsi. È il 1942, il secondo conflitto mondiale ormai divampa in Italia. Il campionato di calcio viene fermato. Geza, dopo 18 anni, decide di tornare in patria, in Ungheria. Nel suo paese natale, il conflitto e gli alleati sono ancora lontani. In patria allena l’Ujpest. Durante il campionato duella con il Ferencvaros allenato da Istuan Toth. Toth era stato un ottimo centravanti. Come Geza, vantava delle esperienze da allenatore in Italia. Aveva guidato la Triestina e l’Inter.
Nel 1942, in Ungheria, il conflitto è lontano, ma i magiari sono soggiogati dal nazismo. Il governo ungherese è un governo fantoccio al soldo dei nazisti. È in atto una vera e propria caccia agli ebrei. Geza e Toth, i due allenatori rivali sul campo, diventano amici. Geza ama il suo paese. Non può accettare quella situazione. Geza e Toth si ribellano. Costituiscono un’organizzazione clandestina, di resistenza. Il fine è quello di aiutare gli ebrei e i partigiani. Hanno rapporti con i servizi segreti americani. Essendo stato un ufficiale dell’esercito austro ungarico, Geza parla fluentemente il tedesco ed è coraggioso. Si traveste da soldato della Wermacht. Grazie a questo stratagemma, riesce a farsi consegnare decine di prigionieri. Decine di ebrei e partigiani vengono salvati, da Geza e Toth, dalla prigionia e dai campi di sterminio. Vengono nascosti in luoghi sicuri: chiese, case di amici, presso la propria abitazione.
Dicembre 1944, Geza è in un bar. Viene arrestato dalla Gestapo. Un delatore aveva raccontato ai nazisti che aveva nascosto degli ebrei. Arrestano anche Toth. Vengono imprigionati, picchiati, torturati. Vogliono informazioni sull'organizzazione. Ma Geza non parla. È un uomo retto, tutto di un pezzo
Il 6 febbraio del 1945, Geza Kertesz e Istuan Toth vengono fucilati nel cortile del palazzo reale di Buda. Sette giorni dopo, l’Armata Rossa libererà Budapest dai nazisti. Nell’Aprile del 1946, fu celebrato il funerale postumo di Geza Kertesz. Fu proclamato “Martire della Patria” e seppellito nel “Cimitero degli Eroi” della capitale magiara.
La storia dell’allenatore ungherese rimase, per anni, nell'oblio. Il regime comunista, che s’instaurò in Ungheria, cercò di cancellare le gesta eroiche di Geza e Toth. Era “sconveniente” raccontare la storia di quel nazionalista, anni luce lontano dall'ideologia “falce e martello”
A distanza di anni, sono stati i tifosi a rispolverare la storia dell’eroe Geza. I tifosi del Catania, venuti a conoscenza della vicenda, si sono battuti in nome della memoria. Si sono battuti per intitolare una via della città a quell'ungherese, quell'allenatore che condusse i “rossoazzurri” ad una prima, storica serie B. Si sono battuti per ricordare quell'uomo che salvò decine di vite, pagando con la propria.
A Catania c’è una strada. È intitolata a Geza Kertesz. È la strada di un eroe…
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