Ci sono storie che vanno raccontate, sogni che vanno condivisi, persone che occorrerebbe conoscere per capire che questo mondo ancora qualcosa di buono lo conserva.

Giulio Giglip per quindici anni ha lavorato in grandi ristoranti d’Europa e d’oltreoceano, e dopo aver appreso le tecniche e le tradizioni della cucina contemporanea francese e spagnola ha deciso di tornare nella sua terra di origine per aprire il suo primo ristorante dove proporre i prodotti dimenticati dell’Umbria e la creatività appresa all’estero. Un progetto che mescola l’innovazione e le tecniche internazionali con la cultura della terra. Giulio Gigli, classe 1987, ha aperto UNE nel piccolo borgo di Capodacqua, tra le montagne intorno a Foligno, la città dalla quale è partito anni fa per formarsi e lavorare nelle cucine del Pagliaccio di Anthony Genovese, del 1947 al Le Cheval Blanc di Yannick Alléno e nella cucina tristellata di Benu a San Francisco. E soprattutto per portare l’esperienza da chef de cuisine e responsabile creatività di Disfrutar a Barcellona, ristorante insignito di due stelle Michelin.

Non vuole essere un ristorante che punta sulla regione senza rispettarne la cultura della tavola, né un'insegna dove proporre una cucina internazionale fuori dal contesto in cui vive: negli ultimi mesi, infatti, Gigli ha lavorato, studiato e viaggiato per ricercare prodotti locali dimenticati - dalla roveja all’aglione, dal sambuco alla fagiolina del Trasimeno, dai ceci neri e alla pasta artigianale locale - per farne la base di una cucina rinnovata e in chiave moderna. E in cui portare le sue esperienze europee: le tecniche particolarissime della cucina molecolare acquisite in Catalogna, i gusti delle tavole francesi in cui ha lavorato e le espressioni dell'alta gastronomia italiana da dove è partito. Una sfida non semplice in una regione che in tema di gastronomia moderna ha ancora molti passi da fare.

Dalla Spagna si porta le sferificazioni con le quali regala metamorfosi di pinoli e pino, rende il piccione marinato con colatura di alici un piatto nobile attraverso cotture in pieno stile francese, da San Francisco l’idea di aromatizzare il pane utilizzando i fiori di aglione preparato da un panificio locale. La tagliatella ripiena di tartufo estivo e servita con emulsione di mandorle rimanda al suo paese d’origine. UNE riutilizza gli scarti di cibo - ne è prova la carta del menu dell’azienda Favini, preparata con il materiale di risulta delle olive - e baserà molta della cucina dei prossimi mesi sull’orto in preparazione.  
         
La scelta del nome del ristorante segue il filo conduttore del progetto: Une significa “acqua”, è un termine forgiato su alcune antiche tavole bronzee risalenti al XV secolo rinvenute nella vicina Gubbio. Il nome condensa le origini della regione con quelle del paese del ristorante, Capodacqua, che porta l’elemento fin dal nome. E del vecchio mulino che alimentava il frantoio ancora presente all’interno di una delle sale e che in passato veniva azionato grazie alle acque del torrente Roveggiano.

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