Stanotte la selezione peruviana ha giocato e perso in casa 2-0 con l'Argentina. È ultima, 1 punto dopo 4 partite, e la qualificazione ai mondiali del 2022 è già in salita.
Ma non è questo che ci interessa. In Perù si sta giocando una partita molto più importante: quella contro la corruzione politica, l'autoritarismo, la repressione. Contro il fascismo, in una parola. Dopo la destituzione arbitraria di Martin Vizcarra e la salita al potere di Merino il popolo è sceso in strada e, come già accaduto in Cile, ha portato nello scontro simboli calcistici (nella foto, per cui ringraziamo l'account Instagram @iconografiexxi, una strepitosa maglia di Lapadula indossata da un manifestante) ed è fortemente connotato dalla presenza di tifosi uniti: a Lima, per esempio, le barras di Alianza e Universitario, acerrime rivali, si sono presentate unite per difendere i manifestanti. Non solo: è il mondo del calcio peruviano a essersi schierato dalla parte delle proteste e contro le violenze della polizia, che ha già fatto due vittime, Inti Sotelo di 24 anni e Jack Pintado di 22.
Giocatori notissimi come Paolo Guerrero, Renato Tapia, Pedro Gallese, Jefferson Farfan, Claudio Pizarro (ormai ex) e la stessa federazione peruviana hanno preso posizione e scritto messaggi di appoggio ai manifestanti e di forte critica verso le forze dell'ordine.
La situazione in Perù è complessa e vi rinviamo a pagine come
Rete Solidarietà Rivoluzione Bolivariana
per approfondimenti (Merino si è dimesso e c'è un terzo presidente nel giro di una settimana, Sagasti). Ci limitiamo a segnalare come il Sudamerica sia sempre più un esempio, sia per la capacità di reagire e protestare del popolo, sia per il coraggio di schierarsi mostrato dai suoi calciatori.
 

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