di Pina Fasciani

Dopo tante delusioni politiche sono, purtroppo, diventata più diffidente. Sono diventata più cauta nel giudicare e guardo più i fatti che le parole.

Guardare i fatti è, secondo me, la cartina di tornasole per capire se una forza politica è credibile, affidabile, coerente e se il suo leader incarna quelle caratteristiche.

La Schlein, eletta da un partito che non c'è (il partito che c'è ha votato Bonaccini), è stata eletta dagli elettori, i quali hanno sospinto la sua vittoria sull'onda di una speranza di cambiamento. Cambiamento più volte agognato, e mai realizzato, vedi il cambio frenetico dei segretari.

Questa speranza è figlia di una necessità: ricostruire una forza di sinistra democratica capace di rappresentare quei ceti popolari lasciati alla deriva, senza riferimenti certi e che oggi si sono rifugiati nell'astensionismo.

Un vuoto di rappresentanza prodotto negli anni che la Schlein, si spera, possa riempire.

Ma i vuoti in politica non si riempiono con le parole, con le speranze, con il volto fresco della novità personificata, con la venuta da Marte a redimere, con la cultura "ibrida", un partito sfiancato e senza rotta.

I vuoti si riempiono con le scelte, con il voto in parlamento, con le battaglie politiche che cambiano concretamente le condizioni di lavoro e di vita di milioni di persone, per raggiungere quel benessere diffuso che lo "sviluppo" del mercato libero ha tradito o non ha mai perseguito.

Ma il "vuoto" di rappresentanza dei ceti popolari, se guardiamo bene, si spiega anche dal "pieno" di rappresentanza dei ceti più agitati.

Non è casuale infatti che la partecipazione al voto per eleggere la Schlein si è esplicitato nelle grandi città del Nord, in particolare nei centri storici, nelle famose Ztl.

Chi abita nei centri storici delle grandi città del Nord?

I ceti più agiati, quel ceto benestante che non ha problemi di reddito e che, grazie alle battaglie della sinistra storica, ha acquisito status, benessere, protezione. Un ceto che ora guarda, essendo illuminati e acculturati, più ai diritti civili che ai diritti sociali. Dando così per scontato che i diritti sociali siano acquisiti una volta per tutte. Ma sappiamo bene che così non è, come sappiamo bene che i diritti civili senza quelli sociali sono acqua fresca.

Come non è casuale che Bonaccini abbia avuto una più che dignitosa percentuale di voti, in varie e articolate zone del paese. È ritenuto un bravo amministratore, garante di quella idea di governo e di potere che il PD ha privilegiato negli anni.

Chi ha votato Bonaccini? Vari sindaci, governatori, apparati, ceti produttivi, corpi di Enti più o meno di derivazione pubblica. Insomma quella parte di ceto benestante, anch'essa senza problemi di reddito, anch'essa acculturata, consapevole del proprio ruolo e che mette al primo posto la necessità di gestire il potere per far girare meglio il mercato e garantire quella crescita foriera di benessere per tutti, fiduciosi del mercato libero.

Ergo sia nell'uno che nell'altro caso siamo nell'alveo dei benestanti, dei garantiti, degli acculturati, dei già protetti, dei già introdotti.

E proprio su questo io diffido. Perché per tenere insieme il PD tra benestanti l'accordo si trova, si può comporre tutto, conservare tutto, basta spruzzare qui e là qualche diritto civile, qualche elemento di giustizia sociale e il gioco è fatto.

Più difficile rappresentare chi non c'è, chi è fuori dalla porta, chi non ce la fa. Ovvero il ceto popolare del sud, delle periferie urbane, delle zone interne montane, dei luoghi di lavoro senza tutele, degli anziani soli con la pensione minima, degli stagionali, del lavoro nero, dei finti part time, dei ragazzi che abbandonano la scuola consegnati alla criminalità e alla droga o bene che vada all'emigrazione o ai lavoretti. Solo per citarne alcuni.

Per quelli ci vogliono i fatti.

Per dire che se son rose fioriranno.

Io intanto sto con chi la sinistra fa.

Fonte: Facebook.com/pinafasciani

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