PERUGIA - Fare il punto sulla siccità che sta interessando l’Umbria e su quello che  sta facendola Regione  per fronteggiare l’emergenza, così da dare conto al Governo delle problematiche che si sono manifestate sul territorio regionale:  con questo obiettivo l’assessore regionale all’agricoltura, Fernanda Cecchini,  ha riunito oggi, in assessorato,  il Tavolo Verde. La riunione è stata anche l’occasione per ricordare le differenze esistenti,  da un punto di  vista  procedurale,  fra la richiesta dello stato di emergenza e quella di calamità naturale.  

Per quanto riguarda lo  stato di emergenza legato alla crisi idrica,  l’assessore ha ricordato che il Governo interviene con i fondi della protezione  civile  per garantire un fabbisogno straordinario. “Per l’Umbria – ha detto Cecchini - la richiesta avanzata il 24 luglio scorso dalla Giunta regionale  è stata accolta dal Consiglio dei ministri il  7 agosto, con uno stanziamento di sei milioni di euro che  ci consentirà di attuare in tempi brevi il programma di interventi per potenziare l’approvvigionamento idropotabile nelle aree dove si presentano le maggiori criticità. In particolare – ha spiegato – due milioni di euro verranno impiegati  per interventi di primo soccorso, a sostegno delle spese dei gestori del servizio idrico per rifornire i serbatoi con autobotti,  e quattro milioni di euro per operare  interventi su acquedotti minori,  opere  che dovranno essere realizzate nel giro di pochi mesi perché le risorse debbono essere spese entro 90 giorni. Per quanto riguarda l’approvvigionamento idropotabile l’Umbria ha una situazione migliore rispetto a quella di altre regioni italiane. A seguito della crisi idrica del 2001 più dell’80 per cento degli umbri  aveva problemi di approvvigionamento, oggi siamo a meno del  15 per cento della popolazione ubicata prevalentemente nelle periferie, nelle zone montane e collinari servite da acquedotti rurali, con sorgenti dalla portata limitata.  Una situazione critica che è stata circoscritta negli ultimi anni anche grazie a 200 milioni di investimenti per la tutela e l’utilizzo delle risorse idriche ad uso potabile. Di questi, 120 milioni sono stati investiti nel Piano regolatore degli acquedotti regionali, praticamente in via di ultimazione,  che ha consentito di razionalizzare il sistema e di procedere in direzione di un sempre maggiore risparmio idrico.  

Per quanto riguarda invece lo  stato di calamità naturale  per l’agricoltura, questo – ha sottolineato Cecchini – può essere richiesto dalle Regioni solo alla fine dell’evento, cioè quando si avrà un quadro chiaro delle mancate  produzioni, dai seminativi al vino, dall’olio ai frutteti,  alla zootecnia.  Alla richiesta occorre infatti allegare la quantificazione dei danni. Verosimilmente  alla fine di settembre avremo una visione chiara del fabbisogno umbro. Dalla fine di giugno – ha ricordato l’assessore -   gli uffici territoriali delle ex comunità montane e le associazioni agricole stanno raccogliendo le segnalazioni dei danni da parte delle aziende che, a fine luglio, ammontavano ad oltre quattro milioni di euro, per  procedere con le perimetrazioni. Ciò ci permetterà, non appena le norme ce lo consentiranno, di  fornire al Ministero la delimitazione delle aree danneggiate e quantificare il danno con una delibera di Giunta e con il conseguente invio al Consiglio dei ministri ”.

 “La richiesta dello stato di calamità da parte della Regione dell’Umbria – ha detto l’assessore - non permetterebbe comunque di compensare i danni agli agricoltori per perdite di produzioni, in quanto la normativa (Legge 102/2004) prevede che gli agricoltori debbano assicurarsi  per questa tipologia di eventi ricevendo appositi aiuti per le assicurazioni. Tuttavia – ha aggiunto Cecchini  - vista l’eccezionalità di questo periodo siccitoso e dietro richiesta delle Regioni il Governo, con un apposito provvedimento,  ha previsto la deroga all’attuale normativa.     Relativamente alle questioni legate alla irrigazione, Cecchini ha   evidenziato tra l’altro come, oltre al potenziamento delle reti e degli invasi, si è lavorato per accrescere il rilascio da Montedoglio  del 30 per cento, così da  garantire un maggiore flusso d’acqua sia a fini irrigui e soprattutto per la tutela ambientale e la salvaguardia della fauna e della flora. Laddove l’acqua non viene captata da pozzi e falde si garantisce una migliore protezione dell’ambiente  e questo avviene in diverse parti dell’Umbria, a cominciare dall’area nord della regione e della zona del Trasimeno”.

“Un importante aiuto per fronteggiare la siccità  - ha proseguito - arriva anche dal Governo con uno stanziamento di  700 milioni di euro, di cui 300 già finalizzati attraverso un bando per gli investimenti irrigui, all’interno dei   quali   contiamo di soddisfare anche le esigenze poste dall’Umbria, tra le quali   il completamento dell’anello irriguo attorno al Lago Trasimeno,  interventi per il rafforzamento degli invasi e del sistema di irrigazione della Valdichiana Romana e della Val di Peglia, la  definitiva operatività della diga di Valfabbrica e la realizzazione di una nuova stazione di pompaggio per Montedoglio, così da consentire una distribuzione contemporanea dell’acqua proveniente dall’invaso. A Montedoglio – ha aggiunto l’assessore – non abbiamo problemi di carenza d’acqua. Nella diga ci sono oltre 50 milioni di metri cubi di acqua ed il fabbisogno stagionale è stato calcolato in 12 milioni, ma l’attuale stazione di pompaggio non è in grado di distribuirla contemporaneamente a tutti”.

“Le procedure sono tutte aperte per far fronte alla crisi idrica, sia a livello irriguo che idropotabile, come prevede la  normativa, ed in questo quadro istituzioni ed  associazioni agricole continueranno a lavorare per lo scambio informazioni ed il monitoraggio della situazione”.       

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