Così Enrico Rossi su un post pubblicato su Facebook:

Buongiorno.
Sul Foglio di oggi si può leggere un articolo, ripreso dal giornale liberal inglese il Guardian, dove si espongono le idee di Michael Sandel, un filosofo statunitense progressista, contro la “tirannia del merito” che ha dominato la sinistra mondiale.
Dopo tanti anni -sostiene Sandel- le università sono sempre più piene di figli delle classi sociali più benestanti e ricche, la mobilità sociale si è praticamente bloccata e le diseguaglianze sono aumentate. Così, avere abbandonato la classe operaia e i ceti medi e bassi a se stessi in nome dell’ideologia del merito, ha finito per umiliarli e farli sentire inadeguati qualora non riuscissero ad ottenere il successo, e li ha spinti in braccia ai populismi e alla destra estrema.
Per Sandel, riferisce l’articolo, l’unico modo per uscire dalla crisi è ripudiare i principi meritocratici che hanno creato una società di vincitori e perdenti.
La sinistra e i liberal nel mondo anglosassone discutono in questo modo.
E da noi, dove la sinistra è stata fortissima, vogliamo parlarne, oppure ci accontentiamo di restare alla retorica del tutti eguali alla partenza?
Forse non c’è bisogno di rinunciare a premiare il merito, che itroppo volte nella nostra società viene calpestato da favoritismi e raccomandazioni, ma sicuramente un partito di sinistra deve porsi anche l’obiettivo di garantire a tutti certi punti di arrivo come il diritto ad un lavoro dignitoso, ad una esistenza più sicura e serena, ad un benessere diffuso e al rispetto della persona anche quando non primeggia e non ha successo.
Anzi, per un partito di sinistra i primi riferimenti dovrebbero proprio essere coloro che hanno più bisogno, con un atteggiamento di umiltà e di ascolto e soprattutto di condivisione della lotta e dell’impegno per migliorare le proprie condizioni di vita.
Invece, da troppo tempo, si è data l’idea, e non soltanto quella, di essere troppo interessati a chi ha successo ed è potente.

 

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