di Stefano Vinti.

Il recente finanziamento di 400 mila euro per gli impianti sportivi dei piccoli comuni, da parte della Giunta regionale dell'Umbria, a parte l'evidente insufficienza a soddisfare le richieste avanzate dalle amministrazioni, offre la possibilità per aprire un pubblico confronto sullo stato dell'impiantistica sportiva umbra, e sulle scelte future da compiere.
La pratica sportiva di base è parte fondante del benessere dei cittadini, attraverso lo sport, infatti, si salvaguardia la salute, si migliorano la qualità delle relazioni tra le persone, si crea lavoro, si può modificare il volto delle città.
La riqualificazione e l'adeguamento degli impianti sportivi sono necessari alla nuova domanda di sport che nasce dal basso della società e possono essere aspetti significativi e innovativi delle politiche sociali.
Per una nuova politica dell'impiantistica sportiva in Umbria è necessario che a livello nazionale e regionale siano fatte delle scelte chiare, come ad esempio, agevolare l'accesso al credito, ai soggetti impegnati a migliorare l'impiantistica e che intendono allargare la possibilità di praticare l'attività motoria ai cittadini di ogni età, richiedendo anche un impegno alle banche per la semplificazione delle pratiche e delle fidejussioni, specialmente sul versante delle garanzie.
La seconda scelta da fare, è favorire gli investimenti da parte dei comuni, che è bene ricordare, detengono il 95% della dotazione di impianti sportivi pubblici, attraverso lo stralcio dai vincoli del 'Patto di Stabilità'.
Le risorse per un grande piano nazionale di ristrutturazione,adeguamento e ammodernamento degli impianti sportivi, dovrebbero essere prelevate oltre che dalla fiscalità generale,soprattutto dai Fondi Strutturali Europei. Per questo obiettivo occorre avviare una battaglia a livello europeo, che parta innanzitutto dal CONI e dagli Enti di promozione sportiva, affinchè i Fondi vengano impiegati anche per lo sport.
Lo sport in Italia necessita di una grande e profonda riforma, ad iniziare da una 'legge quadro' (l'Italia è l'unico tra i grandi Paesi ad non esserne dotata), che sancisca oltre a 'cos'è lo sport', il suo 'valore sociale', nonchè la scelta di sostenere le Regioni nel loro compito costituzionale d'indirizzo e programmazione con un adeguato trasferimento delle risorse economiche (a tutte le Regioni, non solo a quelle del Nord), rivolto prevalentemente a garantire il diritto all'attività motoria e a permettere di praticare lo sport di base a tutti i cittadini, di tutte le età e soprattutto a coloro che hanno redditi familiari da lavoro dipendente e bassi.
La pratica sportiva, fino a qualche tempo fa era data dalla somma delle discipline sportive olimpiche, oggi la realtà sportiva del nostro Paese e dell'Umbria è cambiata radicalmente.
In questo tempo l'attività motoria è praticata spontaneamente da milioni di persone in Italia e da decine di migliaia in Umbria, che non sono ascrivibili alle società professionistiche,a quello dilettantistiche,alle federazioni sportive del CONI, agli Enti di promozione sportiva.
Per questo occorre ripensare l'idea stessa di impianto sportivo, che necessariamente deve poter esistere come un ambiente aperto, polifunzionale, non un corpo separato e recintato, ma parte integrata delle infrastutture delle città ed essenziale allo sviluppo urbano,posto al servizio di tutti i cittadini.
L'Umbria deve dotarsi di una politica sportiva che abbia come priorità due obiettivi strategici; la salute dei cittadini attraverso corretti stili di vita, che implica necessariamente l'organizzazione e la programmazione di una diffusa attività motoria in tutta la regione, e il secondo, il benessere dei cittadini attraverso il movimento e la partecipazione nelle società dilettantistiche e amatoriali territoriali.
Partire da qui, per aprire un dibattito largo e partecipato sui territori e a livello regionale.

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