di Attilio Gambacorta

“Il piano eversivo fascista è certo un pericolo. Ma più insidiosa e concreta, perché già in atto, è l’instaurazione di un antistato che conviva stabilmente con la nostra democrazia, corrodendo i vertici del potere col ricatto, con le stragi e con il regolamento dei conti”.  Italo Calvino, 1974

Così Italo Calvino commentava le stragi fasciste di quegli anni, da piazza Fontana a Piazza delle Logge per passare al treno Italicus. A quarant’anni dal 2 agosto 1980 possiamo dire che quella frase appare di una verità sconvolgente. Le forze più reazionarie del nostro Paese, già all’indomani del 25 aprile, hanno cercato da subito ed in tutti i modi di impedire il processo democratico della futura repubblica.

Il primo attentato che la storia registra è quello della strage di Portella della Ginestra ad opera del famigerato “Bandito Giuliano”. Una ricostruzione di quei fatti ci dice che ad operare dietro quella banda di assassini c’erano pezzi dello stato, la mafia siciliana e americana, le forze politiche che rappresentavano quel mondo. Non è un caso che alle elezioni regionali, avvenute il 20 aprile dello stesso anno, il Blocco del Popolo (PSI-PCI-PDA) vinse le elezioni regionali in Sicilia conquistando la maggioranza dei seggi con il 30,4% e qualche giorno dopo, durante la classica manifestazione del Primo Maggio, organizzata dalle sinistre e dal sindacato non solo per celebrare una festa, ma anche per rivendicare terra e lavoro, la banda sparò contro lavoratori, contadini, uomini e donne, indifesi ed inermi. Quell’attentato terroristico impedì la democrazia in quella terra, condizionata dal potere mafioso e dalle connivenze con pezzi dello Stato.

Ma credo che la svolta vera propria di una strategia, denominata poi della “tensione”, iniziò dopo la caduta del Governo Tromboni e la manifestazione dei cosiddetti “ragazzi con le maglie a strisce” di Genova durante il congresso del Movimento Sociale Italiano, che scelse provocatoriamente quella città, medaglia d’oro della Resistenza, per la sua assise. Quella protesta, così popolare e spontanea, contro un Governo appoggiato da un partito che faceva riferimento politico alla Repubblica Sociale, che mise a nudo un tentativo di restaurazione attraverso modifiche costituzionali in senso autoritario, fece fallire il progetto stesso e, nello stesso tempo, portarono i neofascisti, ei nostalgici della prima ora, a cercare nuove vie per sovvertire l’ordine democratico tramite una reazione violenta condotta con atti terroristici. Da ricordare a proposito i “Morti di Reggio Emilia”. In quella città, durante una delle tante manifestazioni contro il governo, la polizia sparò contro i manifestanti uccidendo cinque operai.

Inizia così la strategia della tensione che vide coinvolti pezzi dello Stato.

La strage di Bologna è parte integrante di questa storia, della quale si sa tutto, senza avere condanne chiare e definite. La Giustizia non ha scritto ancora la parola fine, una storia che continua con l’uccisione di Falcone e Borsellino e prosegue con la Trattativa Stato-Mafia dei primi anni 90.

Negli anni del terrorismo una forte sinistra, rappresentata prevalentemente dal Partito Comunista Italiano e da un autorevole movimento sindacale, riuscì a difendere il tessuto democratico civile della Repubblica, a tenere intatti i principi democratici della nostra Costituzione.

Oggi questa forza non esiste più ed il tentativo delle forze più reazionarie ancora in essere. Un’economia rapace e senza etica esercita un’egemonia culturale che fa presa sulle coscienze di molti cittadini che dovrebbero costituire il blocco sociale a difesa della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza.

Il 30 agosto 1980, 28 giorni dopo la strage, più di un milione di persone si radunarono alla Festa dell’Unità di Bologna. Enrico Berlinguer si rivolgeva a quei lavoratori, a quei cittadini, a quelle donne a quegli uomini dicendogli di difendere la Repubblica Italiana, che ancora una volta sarebbero stati loro la spina dorsale della nostra democrazia. Un orologio indicava tristemente le 10.25: l’ora dell’attentato.

Quella sinistra ci manca. Il tentativo sovversivo è ancora in atto.

Attilio Gambacorta

Associazione Umbrialeft Perugia

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