QUANDO IL SESSISMO ITALICO DIVENTA INCONTENIBILE
di Lea Melandri
E’ bastato che due donne salissero a ruoli di primo piano nella politica italiana - Giorgia Meloni alla Presidenza del Consiglio, Elly Schlein alla Segreteria del Pd -perché il sessismo italico con i suoi atavici pregiudizi, la sua misoginia, la sua segreta resistenza a ogni conquista femminile di libertà, uscisse vistosamente allo scoperto, favorito da una destra di governo con evidenti nostalgie patriottiche di uno stampo già noto. Ma ciò che arriva agli occhi di tante persone non è detto che venga visto per quello che significa, per ciò che nasconde dietro quel paravento di “normalità” che ha permesso al dominio maschile di permeare la cultura, il senso comune, l’immaginario e le convinzioni profonde di ogni singolo individuo, di un sesso e dell’altro, senza che se ne prendesse coscienza. Finché a farsi protagonista sulla scena pubblica era una donna il cui ruolo preferiva fosse nominato al maschile – “Il Presidente del Consiglio” -, in sintonia con quell’ibrido di “materno” e di “virile”, di “viscere e pensiero” (Paolo Mantegazza), ancora fortemente radicato nel nostro Paese, l’allarme è stato contenuto. Il quadro era quello più facile da aggredire: il ritorno a una retorica di vecchio stampo fascista – “Dio, Patria; Famiglia”, critica all’aborto come ritorno alla “integrità della stirpe” contro l’inquinamento portato dalle migrazioni, difesa della “famiglia naturale” contro le nuove forme di intimità, opposizione a ogni tentativo di portare nella scuola un educazione attenta agli stereotipi di genere, al rapporto col “diverso”, alla relazione tra adulti e bambini. Bastava l’antifascismo e l’antirazzismo a creare un argine riconoscibile dalla politica tradizionalmente intesa. E’ stato solo quando a fianco di Giorgia Meloni è comparsa un’altra figura femminile con un ruolo di rilievo, che nel vaso di Pandora, in cui si celano le viscere della storia millenaria del patriarcato, sembra essersi aperta una faglia. La donna, diceva Rossana Rossana, “non può non essere vista”, “uno specchio l’accompagna sempre: è lo sguardo dell’uomo sul suo corpo, per cui è prima di tutto bella o brutta, bionda o bruna, gambe seni e fianchi (…) Anche se ha sgobbato e faticato per millenni, nell’immaginario o simbolico non è definita dal fare, che è storico e contingente, ma dall’ “apparire” in funzioni eterne come la maternità e la seduzione.” Con una figura di donna, come Elly Schlein, che si definisce “femminista e lesbica”, il quadro politico di riferimento non poteva più essere soltanto quello dell’opposizione tradizionale, destra e sinistra. Le problematiche sollevate dal femminismo avevano già aperto la strada da oltre mezzo secolo a consapevolezze nuove riguardo a quelle esperienze, per altro le più universali dell’umano, che sono state considerate “non politiche”, tra cui il rapporto di potere tra i sessi. Che queste “storie non registrate” (Virginia Woolf) potessero essere il fondamento di tutte le forme di dominio, di oppressione, di ingiustizia sociale e di violenza che abbiamo conosciuto, e quindi “rivoluzionarie” rispetto alla politica che ha separato “il corpo e la polis”, non sembra aver attraversato il pensiero dei media e del dibattito pubblico. A fare eccezione sono stati ancora una volta i social. Si sa che fumetti con volti deformati di personaggi noti, di un sesso e dell’altro, compaiono da tempo sulle pagine del “Fatto quotidiano”. Quelli di Chiara Melloni e Elly Schlein non potevano mancare. Ciò che si può notare è che la caricatura di quest’ultima non è semplicemente, come nel caso di altre e altri, un’immagine che esalta stravolgendoli tratti caratteristici della fisionomia del soggetto in questione. Preso di mira è il fatto di essere una donna giovane, determinata e con idee aperte a un rinnovamento non solo del partiti di cui è Segretaria, ma di una cultura e di una società in cui crescono povertà, disuguaglianze economiche, spinte xenofobe, violenza contro le donne e le soggettività Lgbtqui+. Fin troppo ovvio rappresentarla, come fa il “Fatto quotidiano”, con i due stereotipi più immediati del “femminile”, quello della favola - “La principessa Elly, dell’Occupy Pd” – e quello di una vecchia donna inguardabile. Si direbbe una “barbona”. Ma di stampo ancora più inequivocabilmente sessista è il “sondaggio” che, nel telegiornale della sera de La7, affiancava gli indici di gradimento delle due donne leader, con domande che si potrebbero liquidare come ridicole e grottesche, se non ricalcassero, in un elenco che ha dell’incredibile, tratti del femminile, visto sotto il profilo di “genere”, considerati “naturali”.
In una contrapposizione frontale, di quelle che il cinema e il gossip ci hanno ampiamente nutrito – del tipo “Eva contro Eva” -, a essere sottoposti a indice di gradimento sono gli aggettivi che più specificamente si attribuiscono al carattere, al comportamento delle donne, nel privato come nel pubblico: “calcolatrice”, “autoritaria”, “divisiva”, “snob”, “furba”, “coraggiosa”, “autorevole”, “affidabile”, “empatica”. Chi ha ancora dei dubbi che non ci si possa limitare a vedere questo repertorio in chiave di politica tradizionale, si legga Otto Weininger, “Sesso e carattere”, uscito nel 1903, lo stesso anno in cui il suo autore, lucido e tragico erede della cultura greco romano cristiana, si è suicidato a soli 23 anni. Oppure, più semplicemente, si chieda se lo stesso sondaggio avrebbe potuto essere applicato a due leader di sesso maschile.
Fonte: facebook.com/profile.php?id=100006778116561
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