Le decisioni della Presidente Tesei, della sua Giunta regionale, dell’assessore Coletto e dei quattro Commissari straordinari alla Sanità umbra, di trasferire i malati no Covid, bisognosi di interventi non rinviabili ed il personale medico necessario nelle cliniche private di Perugia e Foligno, sono l’ennesima prova della inadeguatezza, incapacità e pericolosità dell’amministrazione leghista regionale.
Le manifestazioni di protesta di questi giorni dei medici ospedalieri ternani, di Terni Solidale e quelle di Amelia e Narni hanno ottenuto qualche provvisorio risultato.
Ma da mesi assistiamo a provvedimenti che contraddicono e modificano quelli emessi il giorno prima, in un baillame che aggiunge ulteriore confusione, irrazionalità, frustrazione su un sistema sanitario regionale che non sta collassando solo per l’incredibile sforzo e l’abnegazione del personale che vi lavora e di coloro che li supportano. Ma a cui non è giusto chiedere ulteriori sacrifici.
Intanto le persone perdono il diritto alla prevenzione, alla cura e, purtroppo anche alla vita: i decessi imputabili al Covid sono saliti a 337 il 23 Novembre, erano 86 fino al 7 Ottobre.
Ma gli effetti collaterali del coronavirus e la malasanità causano vittime anche per le altre patologie.
È di ieri la notizia del decesso di una paziente che doveva essere operato al cuore, presso l’ospedale di Terni, ma per la mancanza di anestesisti, si è visto annullare due volte intervento programmato.
L’Umbria, come tutto il Sistema Sanitario Nazionale oramai demolito dai processi di aziendalizzazione e di privatizzazione e da un folle regionalismo, si è trovata assolutamente e colpevolmente impreparata di fronte alla seconda ondata dell’epidemia, che era assolutamente prevedibile e doveva essere considerata dagli addetti e dai governi locali e nazionali.
Non sono stati adeguatamente aumentati i posti letto in terapia intensiva, tanto che l’Umbria risulta essere la regione italiana con la situazione più preoccupante, avendo il 54% dei posti letto occupati in terapia intensiva dai malati Covid, ben oltre il 30% fissato come soglia di allarme.
Imperdonabile che, da questa primavera, non si sia provveduto ad assumere personale medico ed infermieristico per coprire ed implementare gli organici ridotti all’osso dai tagli indiscriminati degli ultimi decenni, effettuati dai governi liberisti tanto di centrodestra che di centrosinistra.
Come nulla è stato fatto per dotarsi di un numero sufficiente di USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), fondamentali per l’assistenza domiciliare dei malati e per il tracciamento dei positivi.
Inoltre non sono state reperite ed adeguate nuove strutture, come ad esempio l’ex Milizia, locata ad un passo dell’Ospedale di Terni e che sarebbe utilissima al nosocomio ternano.
Al contrario si sono depotenziati, fin quasi alla chiusura, gli Ospedali di Narni ed Amelia su cui continua il balletto riguardo il loro futuro, dopo aver rischiato anche di trasformarsi in residenze per anziani.
Ma, nella logica della “emergenza continua”, piuttosto che strutture fisse si impiantano ospedali da campo nei parcheggi degli ospedali di Perugia e Terni e se ne prevede un altro prima di Natale (a Bastia?).
Alla stessa ottica risponde la decisione di utilizzare l’ospedale allestito da Bertolaso nel centro fiere di Civitanova Marche, in cui, per giustificare la sua inutile costruzione, si pensa di trasferire malati, medici e strumentazione dall’Umbria alle Marche.
Non si capisce come tutte queste misure possano sgravare il lavoro degli ospedali dal momento che il problema maggiore è la carenza di personale adeguatamente formato e lo spostamento di medici, anestesisti ed infermieri da un ospedale all’altro o, peggio ancora, in strutture private, non solo non è utile, ma aumenta le difficoltà del sistema sanitario nel suo complesso.
Queste scelte non sono solo dettate dalla confusione, dall’inesperienza e dalla incapacità di chi amministra l’Umbria in questa drammatica fase.
Già durante la prima ondata del virus, che fortunatamente aveva interessato solo marginalmente la nostra regione, erano state inspiegabilmente sospese tutte le prestazioni indirizzando i pazienti verso le strutture private.
Dietro tutte queste decisioni organizzative, si legge la trama coerente con il programma elettorale della Tesei che, è bene ricordarlo, aveva come punto principale il rilancio della sanità privata a scapito di quella pubblica, prendendo a modello il sistema lombardo. Un sistema che ha depotenziato la sanità territoriale a favore dei grandi complessi ospedalieri privati, che assorbono più del 50% delle risorse pubbliche.
Un modello, quello della Lombardia, completamente travolto dalla prima ondata del Coronavirus come lo è oggi l’Umbria per la seconda. Un modello contro cui Rifondazione Comunista continuerà a combattere con tutte le sue forze.
PARTITO della RIFONDAZIONE COMUNISTA Federazione di TERNI
 

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