di Severino Galante

Mi permetto di suggerire ai celebranti il seguente schema fattuale.

Con La Prima Guerra mondiale l’Italia liberale conquistò l’Istria, sottraendola al dissolto impero asburgico.
Con La Seconda Guerra mondiale l’Italia fascista perdette l’Istria, prima ceduta dal governo mussoliniano di Salò all’amministrazione del Terzo Reich con la creazione dell’Adriatisches Kustenland (1° ottobre 1943: ‘dettaglio’ che i ‘sovranisti’ volentieri dimenticano) e poi assegnata all’aggredita e vittoriosa Jugoslavia.
Col Trattato di Pace sottoscritto il 10 febbraio 1947 l’Italia repubblicana e democratica riconobbe infatti le responsabilità dello Stato italiano (senza altri aggettivi) per il principio della continuità dello Stato. Con la firma delle condizioni prescritte dal trattato lo Stato italiano addossò quindi tutte le conseguenze delle proprie azioni a se stesso e ai cittadini italiani, ovunque essi risiedessero. 
In particolare gli Italiani residenti in Istria (la loro maggioranza, per l’esattezza) pagarono la sconfitta dell’Italia – Paese aggressore – con la diaspora dovuta alla mancata opzione per la cittadinanza jugoslava, dopo che una loro minoranza aveva subito precedenti criminali vendette e ritorsioni operate dai cosiddetti “allogeni”: cioè da coloro che in precedenza erano stati a loro volta vittime prima delle violenze snazionalizzatrici e poi, fino al 1945, delle repressioni del governo italiano e delle stragi dell’esercito italiano e poi repubblichino. Se il fascismo non avesse fatto la guerra e non avesse aggredito la Jugoslavia, l’Istria sarebbe ovviamente rimasta all’Italia e non ci sarebbe stata alcuna vittima (né slava né italiana) né alcun profugo.
Celebrare il giorno del ricordo di una tragedia nazionale di cui si reca la responsabilità formalmente riconosciuta e internazionalmente sancita è doveroso, innanzitutto nei confronti di tutte le vittime innocenti: sia di quelle slave che lo furono prima, sia di quelle italiane che lo furono dopo.
Celebrarlo invece per occultare le responsabilità e i crimini propri (sempre per il principio della continuità dello Stato, oppure per scelta politico-ideologica) additando all’esecrazione esclusivamente gli eccidi altrui – come se essi fossero avvenuti fuori dello spazio (un territorio da sempre multietnico, caratterizzato da una complessa convivenza tra popolazioni diverse) e del tempo (con un prima, una causa, e un dopo, un effetto) – è una forma di manipolazione revisionistica ma soprattutto di revanscismo nazionalistico che le autorità della Repubblica italiana, democratica e antifascista, non devono ammettere né tantomeno praticare. (la foto ritrae Alcide De Gasperi alla Conferenza di pace di Parigi)

Fonte: Facebook.com/severino.galante.12

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