PERUGIA NELLA SECONDA METÀ DEL 1300 - DAL 1370 AL 1376 CON L'ABATE DI MONMAGGIORE - STORIA DELLA NOSTRA PERUGIA RIASSUNTA IN QUATTRO PARTI.
1 PARTE - IL PAPA GREGORIO XI E IL SUO PARENTE ABATE DI MONMAGGIORE.
Il Vaticano, nella seconda metà del 1300 (durante la "cattività avignonese" del Papato 1309/1377), aveva il controllo politico sul Lazio, le Marche, l’Umbria, parte della Toscana e dell’Emilia Romagna e lo conserverà fino all’unità d’Italia.
La gestione del comune di Perugia, nel 1370, era in mano a due fazioni politiche: i RASPANTI in maggioranza (nome evocato dalle raspe del gatto), che rappresentavano le arti più importanti della città come i cambisti, i calzolai, gli artigiani, i commercianti, etc., e i loro oppositori, i BECCHERINI, in minoranza (nome evocato dal becco dei falchi), che rappresentavano invece la nobiltà. Il popolo minuto non aveva rappresentanti.
Il Papa, Gregorio XI dal 1370 al 1378, ultimo Papa avignonese (anche se aveva studiato diritto con Baldo nella nostra stimata Università), aveva nominato suo legato in Perugia, sin dai primi anni, e precisamente dal maggio del 1371, un suo parente, il cardinale, sempre avignonese, Gérard du Puy, che era un Abate del monastero maggiore di Cluny, detto appunto l’Abate di Monmaggiore (che venne poi nominato anche governatore di Spoleto).
L’Abate era presente a Perugia con i suoi 4000 cavalieri e 1000 fanti, che scorrazzavano per tutta la città e per il contado di Perugia, allo scopo di ridurre la città ad essere molto più obbediente al Papa. L’Abate nominò subito 70 "proscritti" tra i Raspanti, che dovevano mantenere un comportamento assolutamente umile, diversamente sarebbero stati esiliati.
In quegli anni c’era una forma di peste nella nostra città e pertanto la vita era grama e difficile. L’Abate pretendeva degli "ostaggi" per evitare manifestazioni e sommosse da parte del popolo.
Proibiva severamente riunioni per più di 3 persone. Spodestò i Priori dal loro palazzo e li trasferì in uno dirimpetto, occupando lui stesso, con il suo staff, il Palazzo dei nostri Priori.
Oltre ad essere prepotente e cattivo, il cardinale era anche crudele e beffardo. Aveva un nipote giovane il quale non solo approfittava delle donne belle che gli piacevano, ma arrivò al punto di sequestrare una bella donna e, di fronte alle proteste del Popolo perugino, l’Abate suo zio emise un giudizio in cui “condannava a morte” il nipote se non avesse restituito, entro 50 giorni dalla sua deliberazione, la donna sequestrata. Il nipote dell’Abate aveva anche sorpreso una donna sposata dentro ad una stanza e tentò di approfittarne sessualmente, ma la donna non si concedette. Quest’ultima, infatti, volendo scampare, si gettò dalla finestra e morì sulla strada.
2 PARTE - LA FORTEZZA DELL’ABATE DI MONMAGGIORE.
L’opera più grave, più importante, alla quale dette vita l’Abate fu la costruzione di due fortezze collegate in Perugia, che vennero realizzate, in circa tre anni e mezzo, dal celebre Matteo Gattaponi di Gubbio, con una spesa ingente di circa 240 mila Fiorini d’oro e che costituivano le cittadelle del governo pontifico.
La prima Fortezza si ergeva nel Borgo di Sant’Antonio sopra il monastero di Monteluce; l’altra, più grande ancora, sopra il monte di Porta Sole. Da questa di Porta Sole a quella di Sant’Antonio, l’Abate aveva costruito, sopra a degli archi, un lungo corridoio coperto largo circa 4 metri e con alcuni corridoi addirittura sotterranei, una vera e propria strada, che attraversava la via Muzia e metteva in contatto il Cassero di Sant’Antonio con la Fortezza di Porta Sole; il tutto per mettere in connessione le due fortezze nel caso in cui il popolo avesse tentato di assaltarlo. Ma, oltre a questo, l’Abate fece un’altra costruzione a dir poco inverosimile. Dalla Fortezza di Porta Sole, attraversando sempre con degli archi sovrapposti, costruì una vera e propria strada e perforò addirittura la cattedrale di San Lorenzo, dal lato dell’altare maggiore, in maniera da poter essere in contatto, dalla sua abitazione di Sant’Antonio, direttamente, attraverso Porta Sole e la cattedrale di San Lorenzo, con il palazzo Dei Priori e con il Palazzo del Podestà oltre che alla curia. Per le opere di costruzione delle fortezze i lavori avevano richiesto la realizzazione di ampi muraglioni di sostegno, innestati a loro volta su alcuni tratti delle vecchie mura etrusche. Quest’opera gigantesca era stata fatta, appunto, sia per consentire al rappresentante del Papa di venire da Sant’Antonio, che era la sua abitazione, direttamente al centro di Perugia, senza attraversare le vie e le piazze, evitando così anche gli insulti e le urla del popolo quando, giornalmente, andava alla Cattedrale.
Tutto ciò si aggiungeva alla gravosa situazione derivante al popolo dalle tasse vaticane.
3 PARTE - LA RIBELLIONE DEI PERUGINI CONTRO L’ABATE DI MONMAGGIORE.
L’ira della città tutta (sempre con i nostri 5 rioni: 1) di Porta Sole 2) di Porta San Pietro 3) di Porta Sant’Angelo 4) di Porta Eburnea 5) di Porta Susanna) era molto alta ed il 6 dicembre del 1375, partendo dal rione di Porta Sant’Angelo, il popolo si sollevò e assediò le due fortezze, ma il primo atto fu quello di staccare il collegamento che esisteva tra San Lorenzo, i Priori e Porta Sole e, successivamente, il popolo, appunto, ruppe anche il collegamento fatto con archi sovrapposti che da Porta Sole portava direttamente a Sant’Antonio.
I Perugini “avevano arato” le strade che conducevano alla città e bombardato con un trabucco (o trabocco macchina di assedio tipo catapulta), denominato "cacciaprete".
Questa distruzione che poi fece il popolo di Perugia fu un atto veramente “da non dimenticare mai” perché gli archi sovrapposti, molto alti come può immaginarsi, in quanto da Sant’Antonio portavano direttamente a Porta Sole, nel caso in cui fossero stati abbattuti avrebbero potuto distruggere le abitazioni del popolo di Perugia che sottostavano a queste arcate.
I Perugini puntellarono gli archi sovrapposti, con delle travi di legno, quindi demolirono i pilastri alla base e poi bruciarono i puntelli di legno in modo tale che tutte le arcate sovrapposte crollarono lentamente al calare, appunto, della resistenza del legno e furono capaci di salvare il popolo e le case del popolo da questa distruzione.
Successivamente, dopo l’attacco fatto, e una sorta di accordo, l’Abate abbandonò direttamente Perugia... il primo gennaio del 1376 con grande paura, timore e portandosi dietro ovviamente tutti i soldati che aveva il Papa con sé nella nostra città. La rivolta si concluse con la mediazione del capitano di ventura Giovanni Acuto che, stipendiato da entrambe le parti in conflitto, permise la fuga del legato con la sua corte.
Il popolo gli sequestrò tutti i suoi averi, ma successivamente, esiste un documento che attesta che questi vennero tutti quanti restituiti (tutti questi beni direttamente legati al Papa gli vennero direttamente restituiti). La Fortezza di Monmaggiore quindi è la prima Fortezza che viene abbattuta dai perugini, a questa farà seguito nel 1849 l’inizio della distruzione della Rocca Paolina.
La rivolta del popolo perugino contro l’autorità pontificia facilitò il ripristino delle istituzioni comunali, che per la prima volta permisero la partecipazione dei nobili al governo cittadino. Su dodici priori eletti, quattro furono di estrazione nobiliare.
4 PARTE - BREVI CONCLUSIONI.
La storia della nostra città è molto influenzata da questo episodio dell’Abate di Monmaggiore, assieme ad altri quattro accadimenti storici, che sono:
- innanzitutto la Battaglia del Trasimeno della seconda guerra punica contro i Cartaginesi (217 ac);
- l’assedio della nostra città fatto da Ottaviano contro Fulvia e Lucio Antonio, anche in quella occasione la nostra città fu completamente bruciata, rasa al suolo, e furono uccisi 330 suoi rappresentanti (Bellum Perusinum 40/41 ac);
- questo della fortezza dell’Abate di Monmaggiore 1375;
- infine c’è la cosiddetta guerra del sale 1540;
- la costruzione della Rocca Paolina, che dal 1543, per circa 320 anni, tenne in gravose difficoltà il nostro popolo e la cui distruzione fu iniziata dalla nostra popolazione nel 1849.
Quindi la storia della nostra città è fatta di questi episodi e il nostro carattere, come dice appunto il grande Spinelli nei versi di seguito riportati, ne è stato fortemente condizionato...
"Sémo ‘n po’ malfidati quist’è vero
benzì tocca capìlla la ragione:
per centinara d’anne sott’al clero
e doppo, per cambià, sott’ai padrone…
de fregature n’ém aùte tante
ch’adè ‘n ce fidàm più manco d’i sante!!!"
da un post facebook di Fanelli Brando
 

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