di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA - Il vero e concreto "daimon" - nel senso dato al termine dalla mitologia greca - del Perugia, che prova a lanciare la sfida alla leadership del girone, non si mostra con le fattezze di un bomber da venti gol a stagione o di un gigante insuperabile della difesa, o ancora di un illuminato centrocampista. Si presenta, piuttosto, con i tratti di Fabio Caserta. La conferma delle qualità del giovane tecnico - se qualcuno nutrisse ancora dubbi - l'ha mandata la partita di Pesaro. Molti osservatori si soffermano sulla vittoria "sporca", discettano di una gara non particolarmente esaltante, si esaltano per l'incornata di Kouan, ma dimenticano o non valutano nella giusta misura il modo in cui il successo ha preso forma, é maturato, si é concretizzato. Aspetti, questi, di cui é stato “motore primo” l’allenatore. All’inizio con lo studio e l’analisi dell’avversario; poi con la scelta degli interpreti (Negro, Cancellotti, Moscati, Crialese, lo stesso Kouan, sia pure quest’ultimo per l'improvvisa defezione di Sounas); quindi con la strategia adottata per condurre a compimento la faticosa impresa; ancora con l’attenta dosatura dei cambi; infine con il giusto equilibrio stabilito all'interno del gruppo in cui ci sono i punti fermi, ma dove nessuno può e deve sentirsi indispensabile. 
Merita, per questo, Caserta un voto di sicura eccellenza.
Il Perugia ha fatto suo il rischioso braccio di ferro del ‘Banelli’, nel giorno in cui l'Inter ha letteralmente strapazzato il Milan. Ed una analisi tra Antonio Conte e Fabio Caserta - "si parva licet componere magna" (se é lecito paragonare le cose piccole alle grandi, come insegnavano gli antichi) - si può tentare. In modo prudente, sia chiaro. 
I due sono divisi da nove anni di età: 52 per il nerazzurro e 43 per il biancorosso. Generazioni diverse, dunque. Ma hanno lavorato fianco a fianco: Fabio da giocatore, Antonio da allenatore.
Uno viene da Lecce, nelle Puglie, l'altro da Melito Porto Salvo, in fondo alla Calabria. Entrambi uomini del sud. Il primo viaggia sulla cresta dell'onda e sul petto può vantare un vistoso medagliere; il secondo può esporre una sola decorazione (la vittoria in un campionato di C con la Juve Stabia). Eppure l'allievo, potrebbe aver insegnato qualcosa al più celebrato maestro: la duttilità e l'umiltà, magari in dose minima (Conte non sembra tipo da bagni prolungati di modestia).
Il tecnico interista si é distinto, da sempre, per il suo integralismo tattico. Ricordate quando propugnava il 4-2-4? E più recentemente quando aveva bocciato, senza appello, Eriksen e Brozovic? Negli ultimi tempi, invece, il mister é stato capace di tornare sui suoi passi: ha compreso, sia pure costretto dalla necessità, più che per convinzione piena, che avrebbe dovuto sfruttare al meglio gli elementi che gli erano stati posti a disposizione ed ora l'Inter ha arraffato il primo posto e si candita, a buon titolo, a far suo lo scudetto.
Ebbene, Caserta non possiede (non ancora, almeno) il carisma, la personalità, l’esperienza del suo maestro, tuttavia, quanto a duttilità, umiltà e capacità di costruire il gruppo, l’allievo si sta dimostrando in grado di dare qualche punto al suo mentore. L’allenatore calabrese ha messo in piedi, col Perugia - nonostante le difficoltà di ogni tipo incontrate nell’estate scorsa, all’inizio del torneo e anche nei mancati rinforzi di gennaio - una macchina solida, affidabile, credibile che non raggiungerà velocità di punta inaudite, ma che può tenere un passo alto, deciso. Anche alternando, per scelta motivata o per cause non volute, gli interpreti. Come andrà a finire questa stagione, nessuno può dirlo. Ed il mese di marzo si annuncia denso di appuntamenti difficili, delicati, probabilmente, decisivi. Però la guida del gruppo offre garanzie serie, credibili. Può sbagliare anche lui, certamente: nessuno è perfetto. Fabio Caserta, tuttavia, rientra tra i profili di quelli nei quali si può nutrire fiducia. Non pare proprio il tipo da mollare la presa. Avanti tutta, dunque. 
 

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