di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Il campionato ha cominciato a fornire i primi verdetti definitivi, per la Ternana (prima con largo anticipo ed una lunga filza di record) e il Gubbio (già salvo e con la speranza di trovare un posto nella griglia dei play off). 
Il Perugia, invece, resta ancora in attesa di sapere se potrà gioire alla grande (raggiungimento del primo posto, compito molto, molto difficoltoso, anche se la matematica non lo boccia) od in maniera più contenuta, tentando, cioé, la strada dei play off per risalire in B.
Nelle ultime settimane, nonostante una vigorosa rimonta, Fabio Caserta ha ricevuto da parte di osservatori e tifosi critiche piuttosto velenose. Basta scorrere i social. Gli si imputano, in particolare, errori nella scelta delle formazioni iniziali e, spesso, anche valutazioni errate nei cambi in corso d’opera. 
Il calcio risulta, per antonomasia, come il terreno su cui tutti possono dire la loro. Ed a buon diritto. E gli allenatori, in genere, non sono null’altro che dei San Sebastiano: quando la classifica sorride vengono portati in salmodiante processione, ma quando le situazioni si fanno delicate, ricevono frecce impietose scagliate da ogni lato. 
E sia, anche per il tecnico del Perugia, così. Perché - mi soccorre William Shakespeare - “il male che fa l’uomo sempre gli sopravvive, il bene spesso con l’ossa sue viene sepolto".
Non si può escludere che il mister biancorosso (che é nato a Melito Porto Salvo, in Calabria) abbia balbettato su qualche formazione iniziale oppure che, in altre circostanze o magari nella stessa partita, le sostituzioni non si siano rivelate tempestive o non abbiano prodotto i risultati agognati. 
Contro la Triestina, comunque, la squadra ha vinto in rimonta e nei due gol hanno messo il loro piede o la loro testa, ben tre dei cinque subentrati (gli autori dei due gol - Murano e Minesso - e l’esecutore dell’assist della rete del successo, Bianchimano). Quindi, qualche volta, Caserta “c’azzecca”. 
C’é qualcuno, d’altronde, che possa affermare, senza tema di finire smentito, che esista un allenatore che non abbia mai "toppato" per un undici rivelatosi zoppicante o per dei subentri non convincenti o non fruttuosi? 
Il succo dell’argomentazione, tuttavia, risiede in altri ragionamenti. 
L’allenatore si é trovato in estate ad accogliere, in ritiro, giocatori che arrivavano a scaglioni e col contagocce e molti addirittura all’ultimo minuto. Tanto che non ha potuto svolgere una preparazione adeguata. Al tutto si aggiunga la questione della vicenda del Covid di alcuni elementi della rosa, aspetto che ha causato un ulteriore aggravamento della già delicata e complessa situazione. Anche tutti questo dev’essere addebitato a lui? 
Eppure, nella lista dei meriti, andrebbero enumerati, almeno, la mano ferma nella gestione della rosa (composta da 25 elementi); la capacità e la duttilità di far variare modulo ai suoi giocatori; e perfino l’esser riuscito a trasformare i biancorossi in un “gruppo" omogeneo e teso all’interesse comune prima che del proprio vantaggio personale.
Non solo. Nei momenti topici del torneo al tecnico sono venuti a mancare, via via, elementi di qualità e di peso tra i quali il difensore centrale Angella, gli attaccanti Melchiorri e Minesso (quest’ultimo quando aveva segnato cinque gol in tre partite!), il trequartista Falzerano. E sul conto va pure inserito Burrai, che avrebbe dovuto svolgere le funzioni del direttore d’orchestra biancorosso e che invece, per pecche che non possono essergli addebitate (e neppure a Caserta), per via di una fastidiosa ernia inguinale, non ha potuto esprimersi al meglio e fornire quel prezioso contributo che tutti si auguravano. 
Per di più mostrare il “pollice verso" in questa fase del torneo appare quanto meno ingeneroso ed anche inopportuno. La squadra ed il suo "conducator" si trovano impegnate in uno sforzo, fisico e psicologico, intenso. Il raggiungimento del primo posto resta, probabilmente, un sogno, ma riuscire a salire sul podio - in presenza di tutte le traversie nelle quali si é imbattuta la compagine biancorossa durante il corso della la stagione - non sarebbe poi, considerate le premesse, un piatto immangiabile. Anzi.
Calma e gesso, dunque. I processi sommari si rivelano sempre deleteri ed ingiusti. 
Chissà che Caserta ed i suoi non possano meritarsi, a fine corsa, un prezioso alloro. Ed allora il giudizio potrebbe (e dovrebbe) essere mutato, come usano dire i giureconsulti, solamente "in melius". E “pro Fabio”, non come ora “in Fabium”.

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