PERUGIA - Entra nel vivo la IV edizione del PerSo – Perugia Social Film Festival. Sono quattro le proiezioni di venerdì 21 in programma al cinema Méliès di Perugia. Si apre alle 17 con The Family (premiato a Locarno), il film di Rok Biček, regista dell’acclamato Class Enemy, che a Perugia concorrerà nelle sezioni Masterpiece e al Premio Clara Sereni. Si prosegue alle 19 con il PerSo short e alle 19.30 con il secondo film in concorso nella competizione principale (PerSo Award): Rever sous le capitalisme di Sophie Bruneau. 

Ma venerdì è soprattutto il giorno di Matti da slegare, film di Rulli, Bellocchio, Agosti, Petraglia. Alle 20.45 in sala uno dei film più importanti del cinema italiano militante. Saranno presenti in sala per incontrare il pubblico Stefano Rulli e Francesco Scotti. Come lo definisce Paolo Mereghetti: “Matti da slegare è uno dei pochi esempi davvero convincenti di cinema militante, capace di sviscerare il tema della "pazzia".

Girato nel 1975, il film penetra all'interno dell'ospedale psichiatrico di Colorno (Parma) oppure segue all'esterno alcuni dei ricoverati dimessi e impegnati, grazie alle esperienze delle amministrazioni interessate, in fabbriche in fattorie e così via. In alcuni casi le dichiarazioni degli intervistati sono discusse tra loro stessi e tra persone chiamate in causa, come un anziano sacerdote. Il tutto finisce con una delle feste da ballo organizzate nell'istituto di Colorno. Tre anni dopo, il 13 maggio del 1978 in Italia veniva approvata la cosiddetta legge Basaglia, la legge 180, che riformava l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica, proponendo un superamento della logica dei manicomi, prima legge al mondo a chiuderli. 

Il film nasce proprio con l’intento di sostenere la lotta dello psichiatra Franco Basaglia per la chiusura di tutti i manicomi in Italia. Il documentario è un contributo all’impegno politico sociale nel pieno di un’epoca di lotte, rivolte e rivalse da parte delle classi meno abbienti che si stavano facendo strada dal’68, tra cui la lotta per sconfiggere l’istituzione manicomiale, lo stigma e l’esclusione. In una recente intervista Marco Bellocchio ha dichiarato: “Noi (gli autori del docufilm) ci appassionammo partendo da un’inchiesta. È chiaro che questi film vengono bene se trovano dei protagonisti, delle vittime, che sono dei grandi attori della propria tragedia, in quel caso noi ne trovammo diversi”. Molto forti e indimenticabili alcuni passaggi del film, come ad esempio quando si domanda ad una signora: “Dopo 35 anni che è stata in manicomio quando è uscita cosa ha provato?”, la donna risponde: “Fuori si sta bene”.

Ma sono in molti ad avere il timore di uscire per paura di non riuscire a reintegrarsi alla civiltà. E forse la dichiarazione più triste viene proprio da uno di loro, un ex partigiano internato che afferma: “Non ho più voglia di uscire, ormai mi sono abituato a vivere qui”.

 

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