di Alfonso Gianni.

Il governo Gentiloni è alla ricerca di un nuovo coniglio da estrarre dal cappello. Poiché il braccio di ferro con la Ue, che pretende una manovra aggiuntiva di 3,4 miliardi di euro, pari allo 0,2 del Pil, si rivela in realtà molto molliccio, malgrado le parole di fuoco di Renzi, il governo vorrebbe evitare l'impopolarità di nuove tasse indirette che colpiscono i consumi popolari, come, ad esempio, quelle sulla benzina. Ecco dunque sbucare l'idea di incrementare la tassazione sulle sale giochi. Il guaio però è che questa scelta fa a pugni con la trattativa avviata da tempo dallo stesso Ministero dell'Economia con gli enti locali per il dimezzamento delle sale giochi e la riduzione del 30% delle slot machine. Tagliare l'offerta sarebbe la cosa più saggia, sia politicamente che eticamente. Ma se si diminuisce l'offerta è poi difficile pensare di aumentare l'introito che deriverebbe da una nuova tassazione su questo settore, "per la contraddizion che nol consente". Il grande matematico Bruno de Finetti definiva il lotto (per estensione i vari giochi d'azzardo) in quanto tale "una tassa sull'imbecillità". Ora Gentiloni vorrebbe mettere una tassa sulla tassa sull'imbecillità. Un bell'avvitamento.

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