PERUGIA - Si è parlato de “Le Mafie in Umbria” in un interessante incontro, nella sede dell’Ordine Regionale dei Giornalisti, voluto da alcune studentesse della classe 5B del liceo Scientifico Salvatorelli-Moneta di Marsciano. L’idea è nata da un compito assegnato dalla Prof.ssa Michela Cannata (Storia e Geografia) che ha stimolato i ragazzi ad informarsi, da fonti locali, sull’attualissimo argomento delle infiltrazioni mafiose in Umbria, recentemente alla ribalta delle cronache dei giornali.

A mettersi subito a disposizione di Beatrice Cataldo, Elena Tomassini, Chiara Romano e Giorgia Fuccelli, è stato Elio Clero Bertoldi, noto giornalista e cronista de la Nazione e Corriere dell’Umbria, tra i fondatori dell’Ordine dei Giornalisti, contatto dall’Ufficio Stampa della Provincia di Perugia. Quando parliamo di ‘mafie’ si intende; cosa nostra siciliana, ndrangheta, camorra napoletana e cosa nostra pugliese.

“La mafia arriva nella nostra regione negli anni ‘60 – ha spiegato Bertoldi - per il trasferimento di alcune famiglie del sud che, a causa di litigi con i clan locali, decidono ti andare in altri posti d’Italia. Anche la costruzione delle carceri ha portato contati con le mafie perché le famiglie dei detenuti si sono stanziate nei posti in cui erano rinchiusi i propri cari intrecciando rapporti mafiosi con il territorio. Le mafie quando arrivano non mettono ‘una bandierina’ ma si infiltrano nelle pieghe dell’economia, al pari del coronavirus, attraverso l’acquisto di terreni, esercizi commerciali, talvolta entrando nell’edilizia cercando di ripulire il denaro sporco proveniente da attività illecite. In Umbria non ci sono stati fenomeni di usura o richieste di pizzo costanti nel tempo, ma già dai primi degli anni 60’ si sono verificati delitti di mafia, in carcere e per strada, che hanno fatto ben capire come questo fenomeno si stesse avvicinando”.

Arrivando all’attualità è emersa la necessita di non far entrare le mafie nei territori dove non sono nate, adottando misure di contrasto legate anche alla responsabilità del cittadino che deve rispettare le regole e denunciare gli illeciti. Per il resto ci sono le forze dell’ordine e la magistratura che devono vigilare sui territori. “E’ da sottolineare che in Umbria ad oggi – ha concluso Bertoldi - non c’è prova del rapporto stato-mafia ovvero del coinvolgimento dei ‘colletti bianchi’ (persone apparentemente insospettabili professionisti o amministratori)”.

 

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