di Pasquale Coccia - Il Manifesto - 15.02.2020

Lo sport esprime una forza rivoluzionaria, a volte singoli gesti o il significato di un momento sportivo segnano una svolta epocale e valgono molto di più di una battaglia politica. Sarà anche un caso, ma la scintilla della rivoluzione francese ebbe inizio il 20 giugno del 1789 nella Sala della Pallacorda (Jeu de Paume) a Versailles, dove la secessione del terzo Stato si autoproclamò assemblea nazionale. Tra le rivoluzioni politiche, sociali, economiche, culturali del ‘900, quella che ha coinvolto il corpo delle donne nello sport è stata tra le più dirompenti, perché ha frantumato i pregiudizi secolari del maschilismo, che hanno albergato a lungo nella destra più conservatrice, nella Chiesa e anche nella sinistra.

In Italia, la rivoluzione sviluppatasi intorno al corpo delle donne ha riguardato dapprima le donne aristocratiche sul finire dell’800, dedite all’equitazione, all’alpinismo e al tennis, poi nel secolo scorso si è estesa alle donne della borghesia con la pratica della scherma, del nuoto e della ginnastica, e infine alle donne del popolo, in particolare alle operaie e alle sartine, abbrutite dai luoghi chiusi e malsani dove lavoravano, attraverso il podismo e il ciclismo.

Senza corpetto
Alfonsina Strada fu l’unica donna ad aver partecipato al Giro d’Italia nel 1924 con il merito di aver rappresentato uno spartiacque fondamentale nel passaggio dal ciclismo circense di inizio ‘900 al ciclismo agonistico vero e proprio.
Il corpo della donna nello sport, in Italia ha costituito occasione di scontro tra il fascismo e la Chiesa cattolica, grazie al fatto che la donna per fare sport si liberava di alcuni indumenti costrittivi, come il corpetto, anche se restava saldo il principio fascista di una donna sportiva e forte generatrice di prole per la guerra. Perfino all’interno delle organizzazioni di sinistra non mancarono pregiuduzi nei confronti delle donne, che attraverso il movimento volevano appropriarsi del proprio corpo e trarre benessere psicofisico, come accadeva nell’Associazione proletaria escursionisti (Ape), sul cui bollettino nel 1926 Enrica Viola Agostini, presidente della sezione Antialcolica e componente del direttivo nazionale, scriveva che gli iscritti «erano restii ad attribuire alle proprie compagne i bisogni che attribuiscono a loro stessi. Se necessario è lo sport ai lavoratori ancor più è alle lavoratrici».

La conquista dello sport da parte delle donne è un fenomeno che si è esteso a tutto il ‘900 e che il femminismo italiano, a differenza di quello americano e dei paesi del nord Europa, non ha sfruttato a pieno per la propria identità e differenza di genere.

Sartine e commesse
Un libro di Sergio Giuntini, La rivoluzione del corpo, le italiane e lo sport ( Aracne, euro 19,00), indaga a fondo sulla rivoluzione del corpo delle donne, dalla signorina Pedani, insegnante di educazione fisica protagonista del romanzo Amore e ginnastica di Edmondo de Amicis fino a Ondina Valla, medaglia d’oro alle olimpiadi di Berlino del 1936, che rappresentarono l’apoteosi del nazismo e del fascismo sul piano politico-sportivo. Di particolare interesse il fenomeno delle sartine e delle commesse, che tra le prime parteciparono alle corse femminili a Milano e a Torino, per arrotondare la magra paga mensile del lavoro sartoriale, destando scandalo tra i perbenisti e richiamando vouyeristi di ogni risma, non scevri da battute umilianti per coloro che mostravano il loro esile corpo in pubblico, seppur all’interno di una corsa, per guadagnare qualche soldo in più. Il fenomeno ebbe inizio in Francia con le midinettes (sartine), quando a Parigi il 25 ottobre del 1903, ai nastri di partenza si presentarono duemila ragazze. Il 29 novembre di quell’anno, sulla scia del successo parigino, La Gazzetta dello Sport, organizzò a Torino la prima gara di corsa femminile, dove si presentarono 39 concorrenti tra sartine, modiste e commesse.

La valanga azzurra
Il volume ripercorre tutto il processo delle attività motorie, fisiche e sportive che hanno coinvolto le donne nei loro risvolti politici, sociali e culturali. Resta scoperto tutto il periodo del Dopoguerra, che il libro curato da Maria Canella Sport e Donna, ha parzialmente colmato, quello degli anni ‘50, il decennio più retrivo per la conquista dei diritti delle donne, segnato dallo scandalo Coppi-Occhini, alimentato ad arte dall’oscurantismo Vaticano e dalla Democrazia Cristiana. Un diverso trattamento fu riservato allo scandalo della stessa portata, fatto passare in sordina perché coinvolgeva un fenomeno del calcio come il capitano del Grande Torino Valentino Mazzola, il quale pochi mesi prima della tragedia, avvenuta il 4 maggio del ‘49 sulla collina di Superga, dopo aver lasciato la moglie e i due figli si sposò con Giuseppina Cutrone in Romania, perché in Italia il bigottismo clerical-fascista non glielo permise. La rivoluzione del corpo delle donne iniziata più di un secolo fa, ha portato pochi giorni fa le sciatrici azzurre Bassino, Curtoni, Brignone a salire sul podio più alto della Coppa del mondo femminile.

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