da UISP.

Gianni Mura ha umanizzato la cronaca sportiva, nè alta, nè bassa, facendone un ambito professionale a 360 gradi, capace di fornire il racconto sociale del nostro Paese attraverso lo sport. E forse per questo ha incontrato l’Uisp e, più di altri, l’ha compresa.

Il perché e il come lo raccontò lui stesso in un articolo che gli chiesi per una pubblicazione che serviva a ricordare Gianmario Missaglia a dicei anni dalla scomparsa, era il 2012. “Avrei potuto capire tutto di Missaglia una sera dell’autunno 1988 a Taormina – scriveva - C’era un convegno dell’Uisp, mi avevano invitato a tenere una relazione sul linguaggio del giornalismo sportivo. Mix non l’avevo mai visto prima di allora. Sapevo chi era, certo, come sapevo dell’esistenza dell’Uisp. Vite parallele, però: loro lo sport da  realizzare, io lo sport di vertice da raccontare. Terminata la cena, partita a scopa. Coppie sorteggiate: Mix con Giorgio Tosatti, io con Daniela Rossi. Vincemmo abbastanza facilmente, anche perché Mix dimostrava di non tenere conto degli sparigli. E su precisa domanda, lo ammise pure. “Ma allora perché giochi?” mi scappò detto. “Perché mi piace, rispose”, con uno dei suoi incredibili sorrisi. Sorrideva anche se aveva perso. E non era un sorriso di maniera”.

“Non capii subito, colpa mia – proseguiva Mura – Anzi sinceramente quella sera ringraziai mentalmente il caso (il sorteggio) che me l’aveva messo contro, non insieme. Perché insieme avremmo perso. Mi era sfuggita una differenza non da poco: io giocavo per vincere e lui giocava per giocare. Avrei capito dopo, senza sentirmi particolarmente ottuso”.

Ho conosciuto Gianni Mura perché tra gli anni ’80 e ’90 contribuì a costruire l’identità dell’Uisp, quella dei diritti, dell’ambiente e della solidarietà. Non faceva mai mancare la sua adesione o la sua penna alle iniziative Uisp che al centro avevano quei valori. In occasione del premio “Sport e Solidarietà” a Perugia nel 1990, ad esempio e per il quale scrisse le motivazioni dei giornalisti da menzionare. O anche il quadrangolare di calcio a Salerno, in cui scese in campo anche la Juventus e una squadra mista con giocatori palestinesi e israeliani. Era un Natale dei primi anni ’90 ed era la prima volta che succedeva.

Nel 1997 si trattava di festeggiare i 50 anni di Missaglia e ricordo che ci mettemmo segretamente al lavoro per realizzare un numero speciale del Discobolo, fatto in casa ma mica tanto, con firme d’eccezione che Mura mise insieme in quattro e quattr’otto. Lo regalammo al festeggiato che ne fu colpito: in prima pagina c’era Mix in bicicletta, con fotomontaggio in bici insieme alla Pimpa, disegno regalato da Altan per quella edizione di Bicincittà. Si apriva con una sua poesia che Mura firmava con lo pseudonimo Tina Murgia, dove scandiva anagrammi giocando col nome di Missaglia e con una pagina dedicata all’Uisp dove scioglieva l’acronimo 11 volte, quasi fossero i calciatori di una squadra, da sinistra (ad esempio: Unici Italiani Senza Preconcetti) e da destra (Ultimi Italiani Senza Palle, o anche: Un Idealismo Senza Prospettive). Per capire Mura c’era bisogno di alcune chiavi, come per capire Missaglia d'altra parte. Poi, una volta entrati dentro era facile sentirsi a proprio agio e divertirsi.

Nel 2002 si mise a disposizione dell’Uisp per la realizzazione del manuale per i licei “Tante Strade-i mondi dello sport possibile” (ed. Paravia, Bruno Mondadori). Gli insegnanti di educazione motoria erano chiamati per la prima volta ad adottare un libro di testo e l’Uisp si candidò e vide approvato il suo progetto editoriale. Gianni Mura scrisse una sorta di prefazione, sotto forma di dialogo con Ligabue, sì proprio lui, la rockstar: “Io un numero della maglia non ce l’ho mai avuto, all’oratorio giocavo solo se portavo il pallone…ha senso parlare di sogni?”, scrive Mura. Risponde Ligabue: “E’ strano che tu ti ponga questo problema perché poi, in certi tuoi pezzi, specie quelli dal Tour, io il sogno, la bellezza e la forza del sogno ce li trovo. Io scrivo canzoni, tu articoli. Lavoriamo sulle parole, io anche sulla musica, d’accordo. Suscitiamo emozioni. Questo ci piace fare e questo ci chiedono. L’importante è essere sinceri. Lo sport è emozione, non è solo spettacolo. E ci sono molti modi di raccontare la stessa partita. Dal punto di vista del portiere e da quello dell’attaccante, del difensore o del centrocampista, c’è una bella differenza”.

“L’ho visto giocare a calcio camminato, sport per oversize (lui non scriverebbe mai oversize) dove è vietato correre”, ricorda Giuseppe Smorto oggi su Repubblica nel suo articolo intitolato “Dalla bocciofila al mondo, quanto ci siamo divertiti”. Fu una giornata indimenticabile, Firenze, in una sua rara performance di sport praticato e non solo raccontato, era il 15 marzo 2016 e si trattava di lanciare con l’Uisp il calcio camminato in Italia: “Vietato correre, o l’arbitro fischia punizione contro – scrisse poi su Repubblica – Vietato a chi ha meno di 50 anni. Ammesse le squadre miste. E’ un gioco pensato per chi vuole continuare a giocare con un pallone e con i più giovani si accorgerebbe di non avere più il fisico o di rischiare un coccolone (io tutt’e due le cose). Testimonial è parola impegnativa, ma ci ho messo la faccia, i 70 anni e i 120 chili. Capitano dei Gialli, coi Blù finisce 3-3. Migliore in campo Eraldo Pecci, fuori Bruno Pizzul. Ho maturato, viste le caratteristiche del gioco, una consolante certezza: nessun ultrà verrà mai a vederlo. E non se ne sentirà la mancanza”. Rimase famosa la sua battuta al microfono, rivolto ad Eraldo Pecci: “Lui il calcio camminato lo aveva inventato già qualche anno fa ma nessuno se n’era accorto”.  

Più recentemente, il 19 marzo 2019, intervenne ad un corso di formazione giornalistica organizzato dall’Uisp e dall’Odg di Milano, “Comunicare lo sport sociale”. La sala con oltre 200 persone a Palazzo Marino era stracolma e lui si rese disponibile per un pezzo parlato, a quattro mani per così dire, insieme a Franco Arturi della Gazzetta dello Sport: “Lo sport è un’attività umana. Deve essere umano, altrimenti non è sport – ripetè in quell’occasione – Insegna a perdere e a vincere, a migliorare e a rinunciare, è socializzazione. È fonte di ispirazione e modello per i giovani. Lo sport insegna il sacrificio consapevole per un’idea: la politica viene fuori dallo sport, da come viene finanziato, insegnato, praticato, mostrato, perché riguarda valori universali”.  ECCO UN BREVE VIDEO DI QUELLA GIORNATA

Tra il suo amateur, “che fa sport per se, probabilmente non avrà mai il suo nome sul giornale e nemmeno uno sponsor” (da “Tanti amori”, Feltrinelli, 2013) e gli “amatori, ma non riamati” di cui parlava Gianmario Missaglia (“Il baro e il guastafeste”, ed. Seam, 1998) non c’è differenza.

Con lui, ricorda Carlo Paris su Articolo 21, “mai ti annoiavi, gli argomenti erano i più disparati: libri, calcio, cucina, vino, ciclismo, musica, politica... una volta, dal comune amico Gianni, ristoratore sardo di Milano, mi intrattenne non so quanto per raccontarmi di un pastore sardo, produttore di un pecorino incredibile che mi fece assaggiare…”. Il piacere della scrittura, quello per il gioco e per lo sport, quello per la cucina. E il legame con la Sardegna. Oggi Vanni Loriga sul Corriere dello Sport scrive uno degli articoli più asciutti per ricordare Gianni Mura (titolo: “Quando suo padre mi disse: ho un figlio che promette”) e ricorda le “comuni radici nel nuorese…lui che non dimenticava di essere figlio del Maigret della Brianza”.

Salvatore “Tore” Farina, dirigente nazionale Uisp, mi ha inviato un ricordo personale: una poesia che gli scrisse Gianni Mura - complice Daniela Rossi, così mi ha raccontato - quando divenne presidente Uisp della Sardegna, era il 2007 all’incirca: “Fior di saggina/ per ogni giorno della settimana/ che ti accompagni una fiducia piena/ siamo tutti con te Tore Farina/ Fiore dei Frutti/ la costruzione seguirà i progetti/ e alle parole seguiranno i fatti/ Firma: Unione Italiana Sport Per tutti”.

Gianni Mura era uno che “sapeva scrivere, sapeva ascoltare, sapeva guardare”, come ricorda brillantemente Luca Cardinalini in un pezzo su Articolo 21 nel quale, anche lui, sottolinea la vicinanza all’Uisp e alla poesia “che amava al punto che con i versi di qualche poeta – famoso e non – ultimamente era solito chiudere i suoi giorni di cattivi pensieri”.

E finisco qui, come forse avrei dovuto incominciare, con un grazie. Come ho già scritto su Articolo 21. Perché questo non è un coccodrillo, caro Gianni Mura. “I coccodrilli sono pezzi che toccano ai più vecchi o a quelli che hanno più memoria”, come scrivevi su Repubblica il 20 dicembre 1992, per ricordare Giovanni “Gianni” Brera. Io non ho tanta memoria, non sono il più vecchio, non sono il più bravo tra i tanti che stanno scrivendo di te, sono uno del gruppo. Ti ho conosciuto di persona e ci scambiavamo mail quando avevo bisogno. E tu hai sempre risposto con generosa disponibilità. Non posso considerarmi uno stretto. Però ti ho letto e studiato, così come ho fatto e sto facendo con l’Uisp da un po’ di anni, mi sono applicato e ti sono grato per avermi insegnato un metodo, che spero di seguire con la costanza del mediano: provare caparbiamente ad “aprire” lo sport, a liberarlo dal suo isolamento, a farlo parlare a tutti e di tutti. Spero ti faccia piacere e la terra di sia lieve. (di Ivano Maiorella, grazie per la collaborazione a Daniela Rossi, Tore Farina e Daria Manente, che ha inviato la foto).

Nella foto: Gianni Mura in campo a Firenze stringe la mano a Vincenzo Manco, presidente Uisp, nella giornata di lancio del calcio camminato, 15 marzo 2016

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