di Anna Maria Merlo

Una giornata «indimenticabile», come avevano annunciato i sindacati: per la sesta mobilitazione nazionale contro la riforma delle pensioni, che alza l’età da 62 a 64 anni, un record di partecipazione agli scioperi e nei 265 cortei che hanno attraversato grandi e piccole città di Francia. Le 8 principali organizzazioni sindacali e 5 organizzazioni giovanili hanno puntato a «fermare il paese» e così è stato: manifestazioni potenti (per la Cgt 3,5 milioni, 1,8 per il ministero degli Interni), scioperi nel pubblico e nel privato. Una «mobilitazione storica» per il segretario della Cfdt, Laurent Berger.

I SONDAGGI CONFERMANO: il 72% dei francesi resta contrario alla riforma delle pensioni che impone due anni di più di lavoro e il 59% approva che gli scioperi continuino oltre alla giornata di ieri. Difatti, nel governo, ormai in confusione mentale e avvitato in dichiarazioni contraddittorie, ne sono consapevoli: il problema non è il 7 marzo, hanno ripetuto vari ministri, ma l’8, il 9, il 10…

Oggi, continuano gli scioperi iniziati ieri e anche prima: trasporti ancora perturbati, mentre sono bloccate le forniture di carburanti da tutte le raffinerie, come gli stock di gas, ieri ci sono state interruzioni nell’erogazione di elettricità, che minacciano di continuare. Oggi, oltre ai trasporti e all’energia, ci sono manifestazioni legate alla giornata della donna, per la «penalizzazione» delle pensioni al femminile con la riforma proposta, mentre giovedì sono previste proteste degli studenti (già ieri alcune università sono state bloccate) e anche i liceali entrano in gioco, la protesta riguarda non solo le pensioni ma l’ipotesi di un ritorno di un servizio militare obbligatorio (oggi c’è un servizio civile volontario).

IL BRACCIO DI FERRO è sulla durata. Attorno al rifiuto dei 64 anni, si sono coagulate tutte le inquietudini, mentre per molti è il concetto stesso di “lavoro” che sta perdendo senso, accentuato dalla crisi del Covid. Il governo, che ha perso la battaglia dell’opinione pubblica, sembra puntare su un rovesciamento della situazione, sullo scontento verso gli effetti della protesta e degli scioperi.

La Cgt ha un’altra lettura: «Nell’ipotesi di un blocco persistente – dice il segretario Philippe Martinez – l’opinione pubblica può erigersi contro il governo, perché tocca al governo trovare una soluzione per sbloccare la situazione». Per la prima ministra Elisabeth Borne, una cosa sono «diritto di manifestare e di sciopero», un’altra, «grave», mettere l’economia francese in ginocchio», come hanno minacciato delle federazioni Cgt.

L’INTERSINDACALE ha inviato ieri una lettera da Emmanuel Macron, per chiedere una volta di più il ritiro dei 64 anni e la riapertura di trattative per una riforma che non sia ingiusta. Ma il presidente cerca di dribblare la protesta per rilanciare altri cantieri: in ballo sembra esserci l’idea di una riforma istituzionale come via d’uscita, come dopo la rivolta dei gilet gialli c’era stato il «grande dibattito».

I SINDACATI E I CITTADINI che sostengono la protesta hanno messo in evidenza la questione della legittimità: un presidente eletto per impedire l’arrivo all’Eliseo dell’estrema destra e non sul suo programma elettorale, può basarsi su questa vittoria per imporre una riforma altamente impopolare? Elisabeth Borne, in serie difficoltà con la riforma impopolare, chiede: «Quale è l’alternativa?». Aumentare i contributi, diminuire le pensioni? Per salvare il sistema per ripartizione minacciato dai deficit per un disequilibrio demografico (chi lavora paga per i pensionati), l’opposizione propone anche di ricorrere alla tassazione del grande capitale. Un tabù per il governo.

INTANTO LA RIFORMA prosegue l’iter al Senato, dopo la confusione all’Assemblea nazionale, dove solo qualche articolo è stato discusso a causa dei tempi brevi imposti dal governo (ricorso all’articolo 47.1 della Costituzione) e per l’ostruzionismo della France Insoumise, che ha suscitato malessere tra le altre componenti della Nupes (Ps, Verdi, Pcf). Ieri sera era previsto l’inizio della discussione sul cuore della legge: l’articolo 7, che porta l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Il ministro del Lavoro, Olivier Dussopt (ex Ps), è arrivato a dire che si tratta di «una riforma di sinistra» e la destra dei Républicain, da cui dipende l’approvazione della legge perché ha la maggioranza al Senato, si è precipitata a dire: «Ne faremo una vera riforma di destra».

Fonte: Il Manifesto

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