TERNI - Lanciato da Articolo Uno e Sinistra Italiana in questa folle corsa elettorale delle elezioni amministrative 2023, oggi José Maria Kenny è il candidato sindaco di una parte del Partito Democratico (quella guidata da Paolo Raffaelli, colui che ormai sembra tenere le redini di Via Mazzini), sempre più distante dalla presunta rivoluzione di Elly Schlein.

I partiti che lo hanno voluto amano ritagliare intorno all'immagine di Josè Maria un profilo di civismo nonostante il ruolo di ex consigliere comunale eletto nelle file dei Ds all'epoca della giunta Ciaurro. Argentino, docente universitario, distante dalle vicende politiche degli ultimi 20 anni, forse un po' meno dalla politica.

La strada di Kenny in questa nuova avventura elettorale inizia subito in salita con la frattura tra la segreteria del Partito Democratico regionale in cerca dell'unità a sinistra e la segreteria ternana sempre più in balia della sindrome da "ultimo giapponese".

Oggi José Maria si trova a gestire i mal di pancia di chi trova indigeribile l'adesione a una lista che va da Sinistra Italiana-Verdi fino ad arrivare al partito di Calenda, un grande minestrone che rischia di indirizzare il voto progressista verso il candidato del Polo Alternativo, Claudio Fiorelli, medico rispettato e stimato sempre più presente nel dibattito politico locale che parte già dall'appoggio di tre liste: M5S, Bella Ciao e civici.

Nel frattempo il grande nodo sembrano essere le risorse per la campagna elettorale. A quanto pare il Professore pare sia estremamente preoccupato sotto questo fronte, schiacciato dalla campagna elettorale già avviata dagli altri competitor e desideroso di avere qualche freccia in più per il suo arco. Il timore è quello di rivedere la dicotomia già vista nel 2018 dove per il PD ternano è stato impossibile replicare i risultati delle elezioni politiche.

A quanto sembra anche il PD nazionale ha ben chiara la situazione ternana e sembra stia facendo di tutto per trovare una soluzione. Ormai, è questione di ore, la frattura nel centrodestra rischia di determinare per la prima volta in città un ballottaggio senza centrosinistra. Sarebbe il giusto finale di una classe dirigente che dopo aver rovinato il presente dei suoi figli ha deciso di ipotecarne anche il futuro.

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