In primo luogo va considerato che il Pd ai tempi d’oro governava in ben 17 dei capoluoghi di provincia sui 25 dove si è votato ieri. Erano 7 quelli a guida centro destra ed 1 anomalo, per la precisione Parma che era stato conquistato dall’anomalo grillino Pizzarotti. Ebbene, delle 17 amministrazioni a guida dem, il partito di Renzi ne ha confermata solo una al primo turno, Palermo, usufruendo comunque dell’aiutino fornito dalla nuova legge elettorale siciliana che assegna la vittoria al candidato che abbia superato la soglia del 40% (traguardo tagliato abbastanza agevolmente da Leoluca Orlando). Due, invece, i comuni guadagnati dal centro destra, anche se non certo dell’importanza del capoluogo siculo: uno, Trapani, riconfermato alla grande, per restare sull’isola, l’altro, Gorizia, strappato inopinatamente al centro sinistra.

Per i rimanenti 22 ogni decisione è rimandata di una quindicina di giorni, quando si giocheranno i ballottaggi fra i due candidati meglio piazzati al primo turno e che quasi dappertutto vedranno contrapporsi esponenti di centro destra e di centro sinistra, ad accezione, ancora una volta, di Parma, dove a comandare i giochi sarà ancora una volta l’eretico Pizzarotti, forte del 34,78% ottenuto al primo turno. Il compito di contrastargli il passo gli elettori della città emiliana lo hanno affidato al candidato del c.s. che lo segue da presso con un buon 32,73%. Partita incerta, dunque? Non diremmo visto che ha fare da terzo incomodo è in questo caso il candidato a sindaco del c.d. che è stato escluso dalla competizione pur avendo sfiorato il 20% dei suffragi, un gruzzolo del quale assai difficilmente potranno usufruire i dem della città emiliana.

Un’altra considerazione che ci porta a definire scomoda la posizione guadagnata dal Pd in questa tornata elettorale deriva dal fatto che sulle rimanenti 21 città nelle quali si va al ballottaggio (la stragrande maggioranza con un sindaco di centro sinistra uscente: ben 17 per la precisione) il più delle volte si pone ora in evidenza il candidato del centro destra e spesso con margini di manovra rassicuranti. Mentre laddove il candidato dem parte in vantaggio il suo margine non è per nulla rassicurante.

Dolorosi i particolare per il centro sinistra classico i casi liguri di Genova (dove addirittura il candidato di centro destra, che si presenta al primo posto ai blocchi di partenza, può contare sul fatto che a giovare il ruolo di terzo incomodo è il M5S) e La Spezia (rapporti di forza identici se non fosse che la terza piazza è occupata da una lista civica).

Non molto diversa la situazione di Allesandria, in Piemonte, dove i dem partono in lievissimo vantaggio con il 31,94% dei suffragi, tallonati però dal c.d. al 30,25% e con il M5S al 12,31%.

E per restare nella regione Cisalpina, se da un lato registriamo il dato confortante di Cuneo che il c.s. si è aggiudicata comodamente al primo turno, dall’altro non si può trascurare il buco nero di Asti dove il c.d.a sfiorato il cappotto con il 47,67% dei suffragi e fra due domeniche potrà contare sulla riserva del M5S che con il loro 15,25% hanno soffiato sul collo del c.s. che ha evitato il terzo posto con appena il 15,29%.

Ridotti i margini di manovra per il c.s. nelle lombarde Lodi e Monza dove guidano con il 30,62 e il 39,91 per cento, con il c.d. che si è portato al 27,32 e al 39,84% e che fa affidamento sugli eventuali apporti dei candidati piazzatisi al terno posto (nel primo caso una lista civica che ha raccolto il 15,49%; nel secondo il M5S con il 7,64%).

Ancora più precaria la situazione a Como dove il c.d. (39,21% ) parte addirittura in vantaggio sul c.s. (26,88%) , con il M5S terzo al 22,60%).

E la situazione non è rosea neppure se si scende in Toscana dove il c.s. chiude i vantaggio sia a Lucca che a Pistoia (rispettivamente con il 37, 48 e il  36,46%), con il c.d. al 34,96 e al 26,71 che conta di guadagnare consensi da una lista civica all’11,27% ed una di destra (Casapound e altri) al 7,84% .

Delusione Pd anche in Veneto dove, non solo viene surclassato nelle piazze tradizionalmente avverse di  Verona e Padova, ha perso anche Belluno essendosi piazzato al quarto posto con solo il 9,04% dei suffragi, preceduto da due liste civiche e dalla Lega.

Più ombre che luci anche al centro sud con la perdita quasi certa di Rieti dove il c.s. (41,78%) è secondo alle spalle del c.d. (47,29%). Terza una civica al 5,28%.

E la situazione è assai problematica anche a Taranto dove è in testa il c.d. con il 22,46% e il c.s. insegue col 17,73%. Non troppo distante, quindi, se non che la terza e quarta piazza sono coperte dalla Lista Cito (12,46%) e M5S (12,36%).

Buone nuove invece da L’aquila. Nel capoluogo abruzzese il c.s. , con il 47.09% dei suffragi ha sfiorato il passaggio al primo turno, distaccando considerevolmente il c.d. fermo al 36,90%. Massima tranquillità, quindi, per il ballottaggio, tanto più che la terza posizione è stata conquistata da una lista di sinistra (6,22%) i cui elettori non andranno certo a votare per il centro destra.

Per chiudere i conti restano da esaminare le situazioni di Lecce, Catanzaro e di Oristano.

Nella città pugliese appare pressoché scontata la riconferma del c.d. che al primo turno ha ottenuto il 45,38% dei suffragi, rispetto al 28,29% del c.s. Tanto più che il terza posizione si è piazzata una coalizione comprendente anche l’Unione di Centro che ha ottenuto il 23,25% dei consensi.

Più problematica la situazione a Catanzaro dove il c.d. è ancora in testa con il 39,89% rispetto al 30,85% del c.s. che conta però di recuperare visto che la terza piazza è stata guadagnata con il 23,25% dei consensi da una coalizione di sinistra che ad un certo punto dello scrutinio aveva sperato persino di raggiungere il ballottaggio.

A Oristano è infine probabile il ritorno del c.d. alla guida del Comune avendo il suo candidato a sindaco ottenuto il 29, 60% dei suffragi contro il 21,84% di quello del c.s. A spostare l’ago della bilancia a destra potrebbe essere il 17,06% dei suffragi raccolti da una coalizione guidata anche in questo caso dall’Unione di Centro.

Se i ragionamenti che abbiamo sviluppato qui sopra hanno una logica è dunque lecito aspettarsi che al termine dei prossimi ballottaggi ci troveremo con un quadro politico amministrativo profondamente mutato rispetto a quello che conoscevamo. Magari con un rapporto rovesciato a favore del centro destra per quanto riguarda il governo delle città italiane, il che porterebbe a concludere che alla fin fine l’unico risultato colto dal rottamatore Renzi sarebbe quello di aver dato l’avvio all’estinzioni del Pd. ridotto ormai ad una Margherita fortemente sfiorita.

E chissà che l’ultima sua mossa prima di abdicare non sia la trasformazione di quello che un tempo era un partito con radici di sinistra in una onlus dedita alla conservazione della specie. Il che giustifica ancorà di più l'urgenza di costruire un'alternativa.

ep

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