di Leonardo Caponi.

Ho avuto la conferma, nei pochi giorni che sono stato a Misano adriatico (un tuffo nel passato, con la famiglia e mio nipote nella vecchia pensione dei miei genitori), di uno "strano" fenomeno: la gente non parla del virus. Nelle conversazioni che ho avuto o orecchiato, niente. Eppure dovrebbe essere l'argomento del giorno. Avevamo per vicina di ombrellone una giovane coppia di Bergamo con due figli. Uno degli epicentri dell'infezione. Sono stato più volte tentato di chiedere notizie della loro esperienza e non l'ho fatto per evitare di attaccare bottone su di un argomento sul quale chi mi legge vede che ho delle idee un pò eccentriche, ma soprattutto perchè mi aspettavo che fossero loro a sollevare l'argomento, come fanno tutti i reduci dalla prima linea. Niente.
Il virus è diventato come la politica. La gente la subisce, la "vede", ma non la partecipa se non, qualche volta, in riferimento alle posizioni individuali di questo o quello. Perchè? E' un bel problema.
La passivizzazione imposta agli italiani ha raggiunto livelli estremi. Il crollo, questo è il mio giudizio, dei grandi ideali, delle passioni della buona politica e dei grandi partiti di massa, l'assunzione di un unico pensiero come padrone della scena, ha fatto dell'egoismo, della furberia, della futilità, delle conversazioni del nulla e sul nulla, le padroni della scena.
In questo Paese, declinante nell'economia, nella politica, nella cultura, nel costume, va in scena il rischio di (o forse è già presente) una emergenza democratica. Perfino il virus, che dovrebbe essere tenuto fuori dalla strumentalità politica, viene usato, dalle due parti in lizza, in funzione della stabilità o della caduta del governo. Che cosa è l'attacco salviniano e, per altro verso, l'assunzione, senza nessun motivo reale, della proroga dello stato di emergenza? Ma io vedo con chiarezza quello che succederà se, il prossimo settembre, non vincerà il no al referendum sul taglio dei Parlamentari. Sarà un'altra vittoria dell'antiparlamentarismo e del'antipolitica, speriamo, ma non ne sono sicuro, non quella definitiva. Ancora volta alllo smarrimento e al malessere della gente si risponde populisticamente (tutti quanti!) scagliandola contro la democrazia e la partecipazione.
L'Italia avrebbe bisogno di grandi pensieri, di un grande disegno, di una grande prospettiva (di giustizia e di cambiamento). Questo sistema politico, questa classe dirigente e di (sic!) governo, non è in grado di partorirli, perso com'è dietro alla ignoranza, alla demagogia, a una lotta selvaggia per la spartizione delle risorse e del potere che gli consenta di rimanere in vita. Ci vorrebbe, dico un'erersia, un nuovo Pci, un nuovo Psi, una nuova sinistra insomma e una nuova Dc che occupi anche lo spazio della destra. Di questultima non mi interessa, ma se si tratta di ricostruire la sinistra che non c'è, per quel poco, sono sempre pronto.

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