Cosa resta della Democrazia (di Mario Centini)
Il cittadino diserta le urne perchè si sente escluso dalla vita politica
“Democrazia è partecipazione” cantava Giorgio Gaber. Ma oggi il cittadino è chiamato a partecipare? Sinceramente non mi pare, e quindi come si fa a pretendere che voti?
Elenchiamo le scelte sbagliate fatte in questi anni (decenni). Innanzitutto i partiti politici sono stati sostituiti dai movimenti: ha cominciato il MSI, poi ha proseguito Pannella, è arrivato Berlusconi, imitato da una miriade di movimenti che nascevano come funghi (Di Pietro, D’Antoni ecc.), infine il non-partito del M5S di Grillo. Renzi ha tentato di trasformare il PD in movimento e ci è quasi riuscito. Ad un certo punto è stato abolito il finanziamento pubblico dei gruppi parlamentari (quello dei partiti politici era stato abolito). Contestualmente è stata introdotta l’elezione diretta dei Sindaci e Presidenti di Regione (c.d. Governatori), il cui legame con la politica è sempre più evanescente. Non c’è più un soggetto politico intermedio tra eletti ed elettori. Si assiste a campagne elettorali televisive in cui ogni candidato fa monologhi fuori da ogni contradditorio. Partecipazione, dibattito, informazione sono spariti. Le liste dei candidati (comunali, regionali, politiche) sono decise dall’alto, senza alcuna possibilità di coinvolgere gli iscritti. Il Presidente della Provincia – ente intermedio tra Regione e Comune- è eletto dai Sindaci.
Il cittadino si sente escluso dalla vita politica e di conseguenza diserta le urne.
Detto ciò occorre fare autocritica da parte di tutti, in primis dal PD. Per rimettere il cittadino al centro della politica occorre restituire al partito politico il ruolo che gli assegna l’art 49 della Costituzione.
Le scelte (sbagliate) fatte in passato devono essere corrette: occorre riaprire le sedi di partito (che devono ricevere di nuovo il finanziamento pubblico) per fare incontrare e discutere gli iscritti (magari aggiungendo collegamenti on line); occorre introdurre con legge le primarie di partito per la scelta dei candidati alle elezioni comunali, provinciali, regionali e nazionali (per inciso l’elezione diretta del Segretario di Partito è un errore: è meglio sia scelto da
un’assemblea, si perde meno tempo e si dà importanza agli organi statutari); occorre restituire ai consigli comunali e regionali (opportunamente potenziati per garantirne la rappresentatività) il potere di eleggere Sindaci e Presidenti di Regione; occorre una legge sul conflitto di interessi per regolare l’accesso alle cariche elettive. E l’elenco può continuare.
Una precisazione: il ritorno della Provincia ha senso solo se la Regione delega l’ente intermedio a gestire determinate materie. La Regione deve tornare ente di programmazione, come era prima della riforma del titolo V della Costituzione, lasciando a Provincia e Comune la gestione delle attività.
Solo dopo aver affrontato e sciolto questi nodi possiamo parlare di problemi nel merito, come giustamente chiede Aldo Carra. Altrimenti si fanno bei discorsi ma non c’è il soggetto politico per praticarli.
Mario Centini
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