Il cittadino diserta le urne perchè si sente escluso dalla vita politica 

“Democrazia è partecipazione” cantava Giorgio Gaber. Ma oggi il cittadino  è chiamato a partecipare? Sinceramente non mi pare, e quindi come si fa a  pretendere che voti? 

Elenchiamo le scelte sbagliate fatte in questi anni (decenni). Innanzitutto i  partiti politici sono stati sostituiti dai movimenti: ha cominciato il MSI, poi  ha proseguito Pannella, è arrivato Berlusconi, imitato da una miriade di  movimenti che nascevano come funghi (Di Pietro, D’Antoni ecc.), infine il  non-partito del M5S di Grillo. Renzi ha tentato di trasformare il PD in  movimento e ci è quasi riuscito. Ad un certo punto è stato abolito il  finanziamento pubblico dei gruppi parlamentari (quello dei partiti politici era  stato abolito). Contestualmente è stata introdotta l’elezione diretta dei  Sindaci e Presidenti di Regione (c.d. Governatori), il cui legame con la  politica è sempre più evanescente. Non c’è più un soggetto politico  intermedio tra eletti ed elettori. Si assiste a campagne elettorali televisive in  cui ogni candidato fa monologhi fuori da ogni contradditorio.  Partecipazione, dibattito, informazione sono spariti. Le liste dei candidati  (comunali, regionali, politiche) sono decise dall’alto, senza alcuna possibilità  di coinvolgere gli iscritti. Il Presidente della Provincia – ente intermedio tra  Regione e Comune- è eletto dai Sindaci.  

Il cittadino si sente escluso dalla vita politica e di conseguenza diserta le urne.  

Detto ciò occorre fare autocritica da parte di tutti, in primis dal PD. Per  rimettere il cittadino al centro della politica occorre restituire al partito  politico il ruolo che gli assegna l’art 49 della Costituzione. 

Le scelte (sbagliate) fatte in passato devono essere corrette: occorre riaprire  le sedi di partito (che devono ricevere di nuovo il finanziamento pubblico)  per fare incontrare e discutere gli iscritti (magari aggiungendo collegamenti  on line); occorre introdurre con legge le primarie di partito per la scelta dei  candidati alle elezioni comunali, provinciali, regionali e nazionali (per inciso  l’elezione diretta del Segretario di Partito è un errore: è meglio sia scelto da 

un’assemblea, si perde meno tempo e si dà importanza agli organi statutari);  occorre restituire ai consigli comunali e regionali (opportunamente  potenziati per garantirne la rappresentatività) il potere di eleggere Sindaci e  Presidenti di Regione; occorre una legge sul conflitto di interessi per regolare  l’accesso alle cariche elettive. E l’elenco può continuare.  

Una precisazione: il ritorno della Provincia ha senso solo se la Regione delega  l’ente intermedio a gestire determinate materie. La Regione deve tornare ente  di programmazione, come era prima della riforma del titolo V della  Costituzione, lasciando a Provincia e Comune la gestione delle attività. 

Solo dopo aver affrontato e sciolto questi nodi possiamo parlare di problemi  nel merito, come giustamente chiede Aldo Carra. Altrimenti si fanno bei discorsi ma non c’è il soggetto politico per praticarli.

Mario Centini

 

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