di Giovanni Paglia.

Nelle urne si sono manifestati due partiti, quello dei vincitori e quello dei vinti. La guerra che li ha preceduti e determinati è stata la crisi economica, che ha travolto la società italiana ridefinendone profilo e blocchi di appartenenza.

I vincitori hanno attraversato la crisi mantenendo inalterato il proprio stile di vita, i loro patrimoni sono cresciuti, la loro sicurezza non è stata scalfita.

Avevano un buon lavoro e lo hanno mantenuto, erano imprenditori e hanno visto crescere le loro quote di mercato, erano pensionati con un discreto tenore di vita e non sono stati eccessivamente penalizzati. Si sentono a loro agio in Europa, nonostante le storture, e mediamente soddisfatti del proprio status, pur migliorabile.

Hanno votato la conservazione, ovvero Pd e satelliti, Forza Italia e tutte le sinistre, e ora sono disorientati in tutto o in parte. I vinti nella crisi sono andati a fondo, senza trovare nessuna mano che li riportasse a galla, e se sopravvissuti continuano a navigare in acque pericolose.

Hanno vissuto fra cassa integrazione e licenziamenti, trovato nel lavoro nero l'unica opportunità, chiuso le serrande di attività economiche un tempo fiorenti, alternato precariato e disoccupazione.

Lavorano in fabbriche e uffici esposti al vento della globalizzazione, vedono il fatturato delle loro aziende calare di mese in mese, vivono per rimborsare prestiti che minacciano le loro case e le loro attività. Attorno a loro, nei quartieri in cui vivono, le cose non vanno meglio.

Se anziani conservano il ricordo di un'Italia più ricca e felice, se giovani non hanno mai conosciuto una politica in grado di restituire qualcosa. Hanno votato Lega e M5S, cercano la rottura dell'ordine costituito, e almeno la soddisfazione di mandare a casa i responsabili veri o presunti dello sfascio.

Quelli che sono, come minimo, collaborazionisti.

Il mio più grande problema è che sono d'accordo con loro e mi sento dalla loro parte, ma capisco che il mio partito, come quelli che mi sono più vicini, viene collocato nell'emisfero sbagliato. Per la prima volta nel tempo e nello spazio, nessuna sinistra dentro e dopo una crisi epocale è dalla parte dei vinti.

Non succede in alcun paese dell'Occidente, non è mai successo nella storia. I riformisti nelle fasi di rottura hanno quasi sempre sbagliato, ma sempre c'era una reale alternativa rivoluzionaria o massimalista.

Nell'Italia del 2018 questo non è accaduto, perché Pd, LeU e PaP, nonostante le diverse ispirazioni, aspettative ed autonarrazioni, sono finiti a rappresentare frazioni del campo dei vincitori. Questo mi sembra il punto decisivo, molto più di risultati elettorali totalmente deludenti, perché mette in discussione l'utilità stessa dell'esistenza di una sinistra.

Subire infatti una batosta elettorale non è nulla, finire dalla parte sbagliata della barricata è tutto. Del Pd si può almeno ammettere che lo ha fatto in modo volontario e consapevole. Delle sinistrine nemmeno questo: volevamo stare con i vinti, ci hanno votato solo i vincitori.

Questo significa che il nostro linguaggio, il nostro personale politico, il nostro atteggiamento, forse persino le nostre bandiere ci collocano istintivamente nel posto sbagliato da chi vorremmo rappresentare. Non è un problema di aver preso pochi voti, ma di non averli presi nei quartieri giusti, in estrema sintesi.

Se tutto questo è vero, la riflessione post-voto deve partire da qui e di conseguenza da qui deve partire qualsiasi ragionamento su come andare (o non andare) avanti. Come si riporta la sinistra dalla parte giusta, che oggi è occupata e spartita da M5S e Lega? Chi può farlo e da dove si comincia?

Questo tema deve coinvolgere tutti, indipendentemente dalle scelte organizzative e politiche fatte il 4 marzo. Penso a chi ha scelto una delle aggregazioni di micro-partiti, a chi ha preso la strada dell'astensione, e a chi per istinto o calcolo ha votato M5S, Pd o altro, pur sentendosi di sinistra.

Noi abbiamo bisogno di un nuovo inizio, ma che riguardi e punti a coinvolgere tutti loro, ricollocandosi sul fronte dei vinti. Possiamo provarci, forse possiamo persino riuscirci, ma solo se capiamo che questo è il tema decisivo e agiamo di conseguenza.

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