CITTA’ DELLA PIEVE - Città della Pieve si riappropria di un pezzo importante della sua storia.

E’ stata vissuta con grande emozione tra sabato e domenica scorsi la Festa in onore del Beato Giacomo Villa, quando dopo sessanta anni l’urna contenente i resti mortali, è stata traslata dalla Chiesa del Beato Giacomo Villa in Duomo e poi riportata, il 26 gennaio, nel suo luogo originario, con il carro trainato dai buoi. Un rituale che non si verificava dagli anni ‘50.
“Grazie alla volontà della Parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio, della Confraternita del Gesù e delle Associazioni Pievesi – riferisce Luca Marchegiani, assessore alla cultura - è stato possibile riappropriarci di una tradizione importante per tutti i Pievesi, che da sempre considerano il Beato Giacomo Villa il martire "avvocato" dei più deboli e degli oppressi, colui che ha combattuto per il loro diritto all'assistenza e alla salute”.
Sacerdote e martire, Giacomo Villa nacque a Castel della Pieve nella seconda metà del sec. XIII. Studiò diritto a Siena, dove conobbe i Servi di Maria e collaborò con loro nel servizio presso l’ospedale di Santa Maria della Scala. Tornato in patria e ordinato sacerdote, si fece carico, donando anche tutti i suoi beni, di un ospedale fatiscente fuori Porta del Vecciano, dove prese ad assistere con amore i più diseredati. L’ospedale però, sottoposto alla giurisdizione del vescovo di Chiusi che esigeva pesanti censi annui, decadde e il giovane sacerdote rivendicò in tre diversi gradi di giudizio la libertà e l’autonomia dell’istituzione. La vicenda va inquadrata nel contesto delle lotte per l’autonomia tra Chiusi, il dipendente Castel della Pieve e Perugia. Dopo un colloquio chiarificatore con il vescovo di Chiusi, sulla via del ritorno il sacerdote fu assalito da sicari e ucciso: era il 15 gennaio 1304. Il suo corpo, ritrovato casualmente da pastori e conteso tra Chiusi e Castel della Pieve, fu affidato secondo la credenza popolare ad un carro trainato da due buoi, che si diressero a Castel della Pieve, fermandosi proprio davanti all’antico ospedale. E qui pertanto si scelse di costruire in suo onore dapprima un’edicola, e quindi la chiesa dove poter conservare le sue spoglie. Fino agli anni ‘50 Città della Pieve osservato il rito della traslazione delle reliquie.
“Si rinsalda così, nel nome di tradizioni antiche quel rapporto profondo tra la città e il suo Beato, in un'unione civile e religiosa – aggiunge Marchegiani -, quella che è fortemente rimarcata anche nella preziosa teca che custodisce i suoi resti mortali, dove campeggia lo stemma della città. Lo stesso che si può ammirare nella controfacciata della chiesa, che venne realizzata nel luogo dove si inginocchiarono i buoi che trasportavano la salma di Giacomo Villa contesa dalle comunità di Chiusi e quella pievese”.

 

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