PERUGIA - Con il Mercoledì delle Ceneri i cristiani entrano nel “tempo forte” di Quaresima, tempo di preparazione alla Pasqua del Signore. A Perugia, come è ormai tradizione, il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti ha presieduto le celebrazioni eucaristiche pomeridiane in cattedrale e nella chiesa dell’Università degli Studi. Quest’ultima animata dai giovani della Pastorale universitaria.

Il cardinale, nelle omelie, ha ricordato il significato di questo “tempo forte” dell’Anno liturgico in cui il credente è chiamato maggiormente a riflettere sul peccato verso il Signore e, nel contempo, sull’importanza di chiedere il perdono a Dio. «C’è, come si vede, una chiara consapevolezza del nostro personale peccato – ha detto il presule ai fedeli in cattedrale –, che esiste per nostra libera scelta, e quindi ne siamo consapevoli, e non dobbiamo sottrarci alle nostre responsabilità. Il tempo di Quaresima è tempo propizio per prendere coscienza della nostra situazione di figli ribelli, e per “ritornare con tutto il cuore” al Signore, come dice il profeta Gioele, per chiedere perdono e riconciliazione. Dio ci risponderà con la sua misericordia, perché Egli fa giustizia perdonando. Chi lo capisce non può che piangere di commozione, spezzando anche con il digiuno la scorza dura dell’egoismo per aprirsi alla giustizia e alla solidarietà. Un solidarietà senza calcoli, come insegna Gesù nel Vangelo di Matteo: “Mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”».

«La Quaresima perciò – ha proseguito Bassetti – è il tempo propizio per ripensare la nostra vita, mettersi in un cammino di conversione, detestare il male e aprirsi ad una vita virtuosa, seriamente evangelica. Perché tutto ciò possa realizzarsi abbiamo assolutamente bisogno di fare silenzio e ritrovarci in noi stessi, nell’intimo, senza indulgere neppure ad una pubblicità sterile, come insegna ancora il Vangelo di Matteo: “Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”. Così pure la mortificazione deve essere discreta, vissuta in un rapporto intimo con il Signore, che conosce i segreti dei cuore e sa giudicare con verità».

Bassetti ha poi esortato i fedeli a «un rientrare in noi stessi pensoso, che ascolta e che prega, magari rifugiandosi in chiesa per godere d’una presenza ineffabile, ma vera, o raccogliendosi semplicemente nella cella del proprio cuore: un “guazzabuglio” il cuore quando è agitato dalla passione, un “giardino” quando è abitato da una Presenza, quella di Gesù. Com’è importante tornare alla preghiera nel silenzio! Specie in questo periodo di forte confusione e preoccupazione per il propagarsi dell’epidemia, che ci incute tanta ansia e inquietudine. Come cristiani e pastori della Chiesa assicuriamo, come abbiamo scritto nel comunicato della CEI, la nostra “preghiera di vicinanza a quanti sono colpiti dal virus e ai loro familiari; preghiera per medici e infermieri delle strutture sanitarie, chiamati ad affrontare in frontiera questa fase emergenziale; preghiera per chi ha la responsabilità di adottare misure precauzionali e restrittive”».

Al mondo universitario il cardinale ha ricordato «l’urgenza della conversione» a cui richiama papa Francesco nel periodo quaresimale. «Una conversione – ha commentato il presule – che passa dall’“esperienza della misericordia” e soprattutto dalla pratica preziosa della preghiera. Una preghiera umile e assidua che ci faccia abbandonare quella “presuntuosa illusione di essere noi i padroni dei tempi e dei modi della nostra conversione a Lui”. Il mercoledì delle Ceneri viene a ricordarci proprio questo: è un invito fortissimo ad abbandonare quella presunzione così diffusa tra gli uomini di ogni generazione di essere i padroni del mondo e i Signori della Storia. Ma gli uomini e le donne non sono né i padroni e né i Signori della Storia. Non siamo noi a condurre i tempi e i modi dell’esistenza. C’è un disegno e una strada che ci sovrasta e ci precede. E il rito della cenere sparsa sulla nostra testa ci ricorda anche questo».

Al riguardo Bassetti ha ricordato la figura di don Primo Mazzolari, «uno dei grandi profeti del secolo scorso», che diceva: «“ogni uomo” non è solo cenere ma è addirittura un “portacenere”». Ha anche ricordato la figura di uno dei «moderni “ambasciatori di Cristo”, Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze», a cui si è ispirata la recente «grande esperienza di Chiesa, a Bari, che ha visto riunire 60 vescovi del Mediterraneo provenienti da 20 Paesi diversi. Questi vescovi, incontrandosi – ha evidenziato il cardinale –, hanno dato forma ad un’antica profezia di pace che ha attraversato tutto il XX secolo: che il Mediterraneo possa diventare un luogo di pace, un mare che unisce e non divide, e che non sia più la tomba di tanti nostri fratelli e sorelle. La Pira è stato un uomo che è vissuto ogni giorno alla luce della Parola di Dio ed è riuscito a leggere in profondità il mondo che gli stava attorno. Ed oggi, a più di 40 anni dalla sua morte, possiamo dire che egli è stato, indubbiamente, un profeta del dialogo, della speranza e della pace».

«Come si può essere oggi portatori di pace, speranza e dialogo nei luoghi di lavoro come l’Università?», si è chiesto Bassetti, che, avviandosi alla conclusione, ha detto: «Seguendo le parole di Gesù riportate da Matteo nel Vangelo di oggi. Parlando ai suoi discepoli, Gesù ad un certo punto dice: “state attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini, per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che sta nei cieli”.

Ovvero, per essere veramente servi di Cristo, siamo tutti chiamati a stare nella verità! Senza finzioni, senza maschere, senza sovrastrutture, senza apparenze! Per questo motivo, cari professori, cari amministrativi e cari studenti vi esorto ad essere persone autentiche, che il vostro parlare sia sempre Si, Si, No, No, perché solo così potrete rispondere alla vostra missione e alla vostra vocazione. Non perdetela di vista. Non dimenticatela. Non traditela. Agli studenti vorrei dire di scoprire la bellezza di essere “figli”: ovvero di essere bramosi di apprendere, di studiare e di crescere. Ai docenti vorrei raccomandare di essere veramente “padri” di questi giovani; abbiate cura di loro: necessitano di una parola di sapienza ma anche di umanità. Sappiate sperimentare, nella vostra missione educativa, la paternità di Dio: una paternità che non li tradisce, ma che li fa sviluppare, amandoli come fossero dei figli».

 

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