PERUGIA - «La celebrazione odierna ricorda l’Ultima cena del Signore e la sua perenne presenza in mezzo a noi, come ha promesso, dopo la sua risurrezione, agli apostoli smarriti, rinchiusi nel cenacolo, dicendo loro: “Pace a voi, io sono sempre con voi”. L’eucaristia è il segno di questa presenza e della comunione che ci fa popolo e Chiesa». Così il cardinale Gualtiero Bassetti ha esordito nell’omelia della Coena Domini del Giovedì Santo, 18 aprile, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia. «All’interno di questa celebrazione, che ricorda l’istituzione della santa Eucaristia – ha proseguito il presule –, si compie un gesto assai significativo: la lavanda dei piedi. L’Eucaristia e la carità che si fondono, diventano un tutt’uno. L’Eucaristia e il servizio al fratello - la carità -, comprese nel loro giusto rapporto, stanno a fondamento della vita cristiana. Dall’Eucaristia sgorga l’amore per il Signore e per il suo popolo, così pure dalla carità non può non crescere l’unione con Dio e con i fratelli».

Il cardinale ha poi raccontato ai fedeli in San Lorenzo la sua visita, compiuta al mattino del Giovedì Santo, alle detenute del carcere di Capanne con queste parole: «Ho lavato i piedi a tante sorelle carcerate, celebrando per loro la messa in carcere. E’ stato un momento commovente, esse stesse avevano preparato e ricamato l’asciugamano e tutto ciò che era necessario per la lavanda dei piedi, un po’ come è avvenuto questa sera nella nostra cattedrale con una persona buona, anziana che ha preparato anche lei l’asciugamano e tutto l’occorrente. Sono gesti piccoli, umili, ma che esprimono una grande delicatezza del cuore».

«Soprattutto dinanzi alla preghiera di una carcerata – ha proseguito il suo racconto Bassetti –, che non ha nemmeno ricordato per un attimo la propria situazione, che è di grande sofferenza, ma ha pensato soprattutto a quelli che soffrivano di più, mi sono veramente commosso. Dalla carità nasce la carità e così pure stasera nella nostra cattedrale la lavanda dei piedi è particolarmente significativa, che vede protagonisti un gruppo di giovani delle Pastorali universitaria e giovanile per sottolineare l’evento avvenuto qualche settimana fa a Loreto, quello della firma del Papa dell’esortazione apostolica Christus vivit per il Sinodo dei giovani. E’ un documento che riguarda come la Chiesa e come la famiglia devono accogliere, integrare e accompagnare tutti i giovani e non solo quelli credenti».

«Con i giovani – ha sottolineato il cardinale – ci sono alcuni lavoratori, per richiamare l’attenzione al mondo del lavoro particolarmente caro alla Chiesa, in un’epoca non facile per chi è in cerca di occupazione, e dei profughi anch’essi giovani. Questi, grazie a concrete opportunità di lavoro in campo agricolo offerte loro dalla società cooperativa “I Resilienti”, che collabora con la nostra Diocesi, sono un esempio di integrazione nella nostra comunità. Io benedico dal profondo del cuore tutte queste iniziative che nascono in ambiente ecclesiastico ma anche laico per favorire il lavoro di questi giovani».

«I migranti – ha detto con voce sostenuta il porporato – non sono un problema, sono una risorsa. Quanti dei nostri giovani, anche dall’Umbria, devono emigrare perché da noi manca il lavoro e non avrebbero un avvenire. Il fatto emigratorio è un’osmosi, è uno scambio che deve fare riflettere soprattutto noi cristiani anche negli aspetti negativi. Il problema non sono i migranti, il problema è che manca il lavoro e manca seriamente. Il problema è che tante famiglie, delle volte anche per motivi futili, si sfasciano. Il problema è che la gente si allontana dalla celebrazione eucaristica e non santifica più il giorno del Signore, che è il giorno del riposo e dell’uomo in cui tu poi compiere un servizio di carità nei confronti dei fratelli, ma soprattutto se sei cristiano mettendo al centro l’Eucaristia, la Parola di Dio e il servizio, che fanno di te un testimone e un apostolo del Signore».

«Tante persone vivono in un relativismo morale come se non esistesse più nessun problema di etica e di morale, come se il Vangelo non ci chiedesse degli impegni precisi di amore verso Dio e verso il prossimo come le Beatitudini e l’accoglienza. Quando la nostra vita non è più permeata dai principi del Vangelo e dell’etica – ha concluso il cardinale –, è facile cadere in un relativismo nebuloso che purtroppo produce gli effetti che sta producendo. Nel giorno in cui il Signore ci ha fatto il grande dono dell’Eucaristia unita alla carità, quest’Eucaristia diventa come un vulcano dentro di noi, una sorgente di fuoco che ci spinge ad amare gli altri. Signore insegnaci questa sera a comprendere il valore, il significato dell’Eucaristia e anche il valore e il significato del servizio e della testimonianza cristiana».

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