PERUGIA - Pochi giorni fa la Corte dei Conti ha pubblicato l’ultima “Relazione sugli organismi partecipati dagli enti territoriali”. Il quadro che se ne ricava per l’Umbria è sconfortante, soprattutto se paragonato al resto d’Italia.

In primo luogo la Corte smentisce con i numeri la favola della “razionalizzazione” annunciata a inizio legislatura e ancora al palo.
In Umbria conta 155 partecipate con le forme giuridiche più disparate. Siamo tra le Regioni col maggior numero di partecipazioni indirette del Centro-Sud.
Sebbene nel resto d’Italia “si registra la netta prevalenza degli organismi in utile ... in alcune Regioni (tra cui l’Umbria) le perdite d’esercizio risultano in larga misura superiori agli utili d’esercizio al netto delle imposte” , sintomo “della presenza di criticità di sistema più marcate che altrove”.
Oltre al forte divario tra le perdite e gli utili presente in Umbria (rispettivamente 4,2 milioni e 1,54 milioni di euro), il “quoziente di indebitamento” è il terzo peggiore d’Italia (5,58 quasi quintuplo rispetto alla media nazionale di 1,17), a conferma della “ridotta capitalizzazione delle aziende”.
Si ribadiscono inoltre numerose criticità da noi sollevate in questi anni: “mancata riconciliazione” di debiti-crediti tra Regione e partecipate per quasi 12,5 milioni di euro e “Umbria TPL Mobilità Spa”  su cui “rimangono aspetti problematici e preoccupanti”.
Ma è soprattutto “Sviluppumbria”, assieme a poche partecipate di altre Regioni, a sollevare criticità per la “diffusa resistenza a chiarire in modo puntuale ed esaustivo i motivi che sorreggono le proprie scelte di mantenimento di talune partecipazioni che presentano profili 
problematici ovvero a giustificare l’assenza di misure di razionalizzazione o di interventi diretti al contenimento dei costi di funzionamento degli organismi partecipati ... non si registrano 
sostanziali progressi nel garantirne un maggior controllo o nel superare i dubbi circa la compatibilità dei caratteri dell’in house providing con attività di tipo prettamente finanziario. Al contrario, è emersa la tendenza ad allargare l’ambito di intervento di tali società, le quali, 
oltre alle funzioni di consulenza e di promozione finanziaria, assumono sempre più le funzioni di “gestore” del complesso dei fondi pubblici assegnati alla Regione (esprimendo e attuando scelte strategiche proprie con riferimento anche a fondi europei)”.
Leggendo queste parole torna in mente quanto da noi segnalato in questi quattro anni su: progetti esotici di “cooperazione internazionale” (“Camera arbitrale palestinese” e “Brasil Proximo”); numerose consulenze (con alcuni nomi noti); enti privati “assorbiti” con relativo personale; i consorzi di sviluppo (TNS e Crescendo); l’ aeroporto e tanto altro.
Sviluppumbria, pur con un grande potenziale di risorse economiche e di competenze umane, sembra ostaggio di un uso politico strumentale più che del reale sviluppo regionale. Infatti, nonostante i risultati disastrosi della nostra economia, lo stipendificio regionale, con le sue lucrose poltrone, prosegue come sempre, mentre giovani e meno giovani, competenti e meritevoli, sono costretti ad abbandonare l’Umbria.

Maria Grazia Carbonari - Consigliere M5S Regione Umbria

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