di Elio Clero Bertoldi

PERUGIA - Alcune opere giovanili di Raffaello Sanzio (1483-1520) sono esposte, nel quadro delle celebrazioni del mezzo millennio della morte del grande artista, nella Pinacoteca di Città di Castello, luogo in cui il pittore ha lasciato testimonianza, come già a Perugia, della sua grandezza già in età ... verde. In un documento notarile perugino del 1500 Raffaello, allora diciassettenne, veniva già definito "magister", quando sarebbe stato normale a quell'età che fosse definito apprendista o aiuto. Tra le opere dell'urbinate in mostra il Gonfalone della Santissima Trinità (1499), commissionatogli dalla Confraternita della Carità. In Alta Val Tiberina lavorando per istituzioni religiose o per le grandi famiglie tifernati del tempo, a cominciare dai Vitelli, Raffaello comincia già a distaccarsi dal suo primo maestro, il Perugino, al quale era stato affidato, su mandato del padre Giovanni prima di morire, dagli zii (Bartolomeo da parte di padre e Simone fratello di Magia, sua madre) nella seconda metà degli anni novanta del Quattrocento.
Ma un aspetto singolare, al di là del godimento artistico, si deve riconoscere al legame che il calcio ha stretto, nella circostanza, con l’arte e con Raffaello. Lo Sporting club Trestina, alla cui presidenza siede Leonardo Bambini, ha deciso come premio per i successi in campionato, di portare l'intera squadra con in testa l'allenatore Marco Bonura ed il capitano Stefano Gramaccia, a visitare l'esposizione, dove accanto alle opere dell'urbinate, figurano anche pezzi di Luca Signorelli di Cortona (1445-1520) e di Giorgio Vasari di Arezzo (1511-1574) . Ebbene, secondo le cronache, uno dei calciatori ha commentato che la visita in Pinacoteca gli ha regalato "una emozione bella come fare un gol". Un qualcosa che gli resterà, dunque, per sempre nel cuore e nella mente.
Forse anche i presidenti delle maggiori società calcistiche regionali, quali il Perugia e la Ternana, appena tornate in B, avrebbero buone ragioni per seguire l'esempio del massimo dirigente del Trestina. L'arte in genere, i monumenti, i paesaggi rappresentano un modo per avvicinare e per far innamorare di un luogo, di una città, di una regione, giocatori che provengono da diverse realtà italiane o straniere, tanto più in un'epoca in cui le "milizie cittadine" (cioè elementi del territorio, autoctoni) anche nel calcio, sono poco o nulla presenti o utilizzate. Far "stregare" un giocatore da una tela, da un affresco, da un'opera architettonica o archelogica significa permettergli di capire e di entrare nella identità più profonda di una popolazione. E se l'operazione si concretizza e conquista la sensibilità di un atleta, da quel momento quest'ultimo sarà in grado di fornire un "quid pluris" rispetto al puro e semplice rispetto di un accordo contrattuale. Capito Santopadre? Compreso Bandecchi?

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