di ELio Clero Bertoldi.

PERUGIA - Soltanto da tifoso seguivo il calcio, a quei tempi. E mi persi la stagione del Perugia 1970-71 che, allenatore Guido Mazzetti, disputò un bel campionato, chiudendolo al sesto posto, dopo aver avuto a portata di mano, persino la terza poltrona. Servivo lo Stato, in quel periodo, soldato nella caserma del Car (centro addestramento reclute) di Sora, in Ciociaria. Nei quindici mesi di naja, mi fu possibile seguire soltanto solo pochissime partite. E soltanto grazie al fatto che, “ingaggiato” nell’Ufficio Maggiorità del Comando di Reggimento, quale “scrivano”, potevo prendermi qualche licenza in più - rispetto agli altri commilitoni - per tornare a casa. Non mi persi Perugia-Ternana 1-0, gol di Urban (su rigore). I biancorossi, comunque, avevano iniziato abbastanza male il torneo, con brucianti sconfitte interne (col Bari e col Mantova). Leggevo avidamente i resoconti sui giornali (per la verità non molto ricchi di particolari). Gli amici mi riferivano di come fosse vivacissima la critica in città, tra i difensori di Mazzetti e quella che veniva chiamata la “contraria” (i denigratori). Che avrebbero voluto la giubilazione del mister. Io durante gli anni dell’Università avevo frequentato, appassionato di biliardo come ero, il bar Zorzi, in piazza Morlacchi, a due passi da palazzo Manzoni, sede della mia facoltà. Portavo Mazzetti, ovviamente, che tra l’altro era affine dei titolari del locale (suoi cognati). Ma anche perché mi avevano raccontato la “tortura“ da lui subita ad opera dei fascisti al comando del federale-prefetto Armando Rocchi. Mazzetti - perdonate l’inciso - era stato sorpreso con volantini anti-regime. Per ordine del prefetto venne trascinato al cimitero cittadino, e fatto inginocchiare accanto alla tomba di un partigiano fucilato qualche tempo prima. Chiesero all'arrestato, con modi perentori e brutali, strattonandolo, chi fossero i suoi complici. Mazzetti, allora giocatore del Perugia, non aprì bocca. Gli spararono due colpi di pistola, a bruciapelo ma soltanto accanto all’orecchio. Per mettergli paura. Comunque il “sor Guido” - come lo avrei chiamato più tardi, come tutti in città -, non parlò.
Con l’arrivo del nuovo anno, per tornare al calcio giocato, la squadra imboccò una strada diversa e più ricca di risultati. Perché i giocatori di vaglia non mancavano: Claudio Mantovani e Leonardo Grosso (uno dei rari laureati dell’epoca, poi diventerà presidente dell’associazione calciatori) in porta; difensori grintosi e decisi come Rocco Panio ed Elio Vanara, Marcucci; centrocampisti come Bruno Bacchetta (classe genuina: non avesse subito gravi infortuni avrebbe fatto una grande carriera in A), Giampiero Dalle Vedove, Giorgio Mastropasqua (poi passò alla Ternana, dove rimase a lungo), Bruno Mazzia (il capitano: una sicurezza), ed il giovane Claudio Tinaglia; attaccanti quali Riccardo Innocenti, Giovanni Urban e Nicola Traini (il miglior realizzatore della stagione dei nostri colori, con 9 reti). Rammento che gran parte dei miei amici addebitavano, l’avvio zoppicante della squadra, ad arbitraggi particolarmente infelici in diverse circostanze. Assistetti a Perugia-Modena (Leandro Remondini sulla panchina degli ospiti, che poi sarà coach biancorosso) con successo pieno dei nostri colori. Dopo la vittoria corsara dei grifoni in quel di Brescia, riuscii a farmi concedere una licenza per seguire Perugia-Reggina, chiusa per 1-0 (segnò Casati nei minuti finali). Nonostante i viaggi stressanti in treno (Sora-Roccasecca-Roma-Orte-Terni e “trenino” per Sant’Anna: 10-11 ore tra viaggio e attese delle coincidenze) friggevo per tornare al Santa Giuliana. Riuscii a farmi timbrare col “bollo tondo” il permesso. Purtroppo il Perugia non andò, quel giorno, oltre lo 0-0 col Novara. Una settimana dopo, invece, piegò il Pisa (1-0): mi rammaricai di aver sbagliato i tempi della richiesta al Comando. Il col. Argemiro Paris, mi concesse, comunque - grazie ai buoni uffici del mio comandante, capitano Ciuti (pisano) - tre giorni di licenza premio. Stavolta, ultima gara interna del torneo, la “spedizione” si rivelò coronata da successo: vittoria sul Como (1-0, Traini) e festa grande sugli spalti del Santa Giuliana, sempre pieno e caloroso.
Mancavano pochi mesi alla fine del mio servizio militare. Mai avrei pensato, quel giorno uscendo dallo stadio, che alla fine di quello stesso anno, tra Natale e Capodanno, per un puro caso destino, sarei entrato nella redazione de La Nazione. E che molti di quei giocatori sarebbero diventati amici (tra tutti, Tinaglia); che avrei avuto il piacere di intervistare, più volte, Mazzetti, di cui divenni amico; che avrei conosciuto e frequentato il professor Mario Tomassini, medico sociale, il burbero segretario Sandro Caporali, il tesoriere Mario Rossi (successivamente “ufficiale pagatore" a Teleumbria), i massaggiatori Bruno Palomba e il mio coetaneo Renzo Luchini e che sarei finito in tribuna stampa, tra i cronisti. Ma questa é un’altra storia. 

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