100 milioni di danni per colpa di un piccolo alieno blu.

A tanto ammonta, secondo le stime di Fedagripesca-Confcooperative, il danno economico finora causato dal Granchio Blu, una specie aliena invasiva che negli ultimi anni si è diffusa nel Mar Mediterraneo minacciando la biodiversità e l’economia costiera.

​Complici della sua proliferazione nei nostri mari, oltre l’assenza di predatori naturali, sono gli effetti della crisi climatica: l’aumento delle temperature, infatti, tende a favorire la sopravvivenza di questi organismi capaci di adattarsi a una grande variazione di fattori ambientali.

Si tratta di un’emergenza che continua a colpire soprattutto l’Alto Adriatico e che non accenna a diminuire. Tant’è che a inizio agosto il Governo ha deciso di nominare un Commissario straordinario per gestirla.

 Attualmente la esca si è dimostrata la più efficace soluzione al problema. Sicuramente l’uso delle nasse, attrezzi di pesca selettiva e a basso impatto ambientale, è la strada giusta per la pesca del granchio. Questa soluzione è già stata sperimentata in altri paesi come Spagna e Grecia e come dimostrato dalle buone pratiche promosse da progetti come Life Delfi.

Per tamponare l’emergenza va bene pescare, raccogliere e smaltire il granchio blu, ma si tratta di una soluzione temporanea.

​È invece fondamentale che l’#Italia eviti di compiere errori gestionali, come un ritorno alla pesca a strascico, ma che piuttosto venga definito il prima possibile un piano scientifico sperimentale di contrasto alla proliferazione del granchio blu, basato su soluzioni che tutelino sia l’economia legata agli allevamenti di spigole, orate e molluschi sia la salute degli #ecosistemi del Mediterraneo, in particolar modo di quelli costieri.

Così come occorre sburocratizzare e snellire il processo di ristori e indennizzi alle imprese del settoreittico e dell’acquacoltura che hanno richiesto sostegno al governo per fronteggiare le perdite economiche.

Così in una nota diffusa da Legambiente 

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