PERUGIA - “Vendere per non farsi mangiare il patrimonio dalle banche”: questo l’imperativo che ha costretto la Fondazione “Pietro Conti” a disfarsi della storica sede del Pci di Piazza della Repubblica; patrimonio materiale e culturale (comprendeva infatti, anche archivi, biblioteche ed altro materiale documentario) ereditato dai Ds che lo affidarono poi alla Fondazione in questione affinché ne assicurasse la sopravvivenza.

Questo il succo fondamentale della conferenza stampa tenuta stamani da Fabrizio Bracco, presidente del cosiddetto “Consiglio di sorveglianza”, e  da Renzo Patumi, presidente, a sua volta, del “Consiglio di amministrazione” che di fatto sarebbe poi il vero custode di questo patrimonio.

Conferenza stampa affollata, in linea con l’interesse suscitato dalla querelle in materia scaturita dalle uscite polemiche del Pd e di suoi autorevoli esponenti che da anni hanno occupato il prestigioso immobile ubicato nel pieno centro di Perugia in regime di comodato d’uso gratuito.

Bracco e Patumi, che hanno a più riprese rivendicato l’autonomia della Fondazione, hanno ricostruito con minuzia la vicenda, ricordando in primo luogo come questo patrimonio umbro fosse stato trasferito a Roma nel 1999, a garanzia dei debiti che erano stati stipulati con le banche dall’allora Ds per salvare “L’Unità”.

Ds che, fino alla loro esistenza, hanno onorato impegno assunto con gli istituti di credito pagando regolarmente, alla loro scadenza, le rate dei mutui. Ma così non è stato dalla nascita del Pd che di quelle sedi ha continuato però a servirsene gratuitamente.

Da qui la scelta “dolorosa” dell’alienazione, unica strada possibile per poter retribuire le banche ed evitare che queste si mangiassero l’immobile. Una scelta economicamente obbligata, quindi.

Quanto alla possibilità che il Pd umbro possa acquistare in qualche modo almeno parte dell’immobile “nulla osta”, a patto – è stato precisato - che non si pretendano sconti, ovvero che ciò avvenga alle condizioni di mercato, al pari di ogni altro pretendente e senza usufruire di favoritismi di sorta.

Questo almeno ufficialmente, anche se, “fuori sacco” non è stato nascosto un certo scetticismo in merito, visto che – è stato fatto notare - a lanciare tale opzione “è stato i segretario del circolo Pd di Ponte San Giovanni che ha restituito quella sede perché non riusciva a pagare neppure le quote condominiali”.

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