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Un’udienza ricca di importanti testimonianze quella di ieri. Tra i testi l’avvocato Frioni, la commercialista Morelli, la famiglia Centomo, che gestisce una casa famiglia a Passignano, lo zio di Barbara, il giornalista Pierfrancesco Pangallo e sua moglie, Elisabetta Foresi. E gli zii venuti da Roma durante la rievocazione di quella terribile notte in cui venne data loro notizia dell’avvenuta morte di Barbara non trattengono momenti di commozione che interrompo solo di poco la pacata e serena narrazione che ha caratterizzato entrambe le testimonianze. Dalle loro parole trasuda un senso di responsabilità e una pacatezza che onora appieno l’importante ruolo di cui Pierfrancesco Pangallo ed Elisabetta Foresi sono stati investisti ora. E’ a loro, infatti, che dal 1° dicembre 2007 sono stati affidati dal Tribunale per i minori Filippo e Nicolò, i figli di Barbara Cicioni e Roberto Spaccino. E proprio i due fratellini, per i quali una testimonianza diretta sarebbe traumatica, sono stati ieri al centro dell’udienza. Di loro non è emersa soltanto la sofferenza, che dalla tragica morte della madre li ha accompagnati in tutto questo tempo ma gli scherzi, le trovate, le parole affidate alla discrezione di compagni di scuola o semplicemente pronunciate con quella spontaneità e quella immediatezza tipica dei bambini. Parole importanti, che confermano vecchi elementi e ne forniscono di nuovi. La mamma in cielo Come quel disegno di Filippo fatto sul tavolo della cucina, a pochi giorni dalla morte della madre, in presenza della nonna, degli zii, del padre e di Nicolò. C’era una casa, un albero, il sole e una donna disegnata sul cielo. Alla richiesta di spiegazioni di parte degli zii Filippo rispose “E’la mamma che sale in cielo”. Affermazione che generò stupore in tutti. Infatti i bambini, ai quali dalla morte di Barbara era stato evitato ogni contatto con l’esterno, con televisioni e giornali, sapevano soltanto che la madre si trovava in ospedale. In quell’occasione ha raccontato Pierfrancesco Pangallo, Roberto intervenne dicendo a Filippo: “Che stai dicendo? Come fai a dire queste cose?” Filippo allora si corresse schernendosi. Circostanza pienamente confermata anche dalla testimonianza della moglie. "Il papà c’entra con la morte della mamma ma continua a dire che sono stati i ladri" Molto tempo dopo, i bambini si trovano già a casa degli zii. Viene data la notizia sul rinvio a giudizio di Roberto Spaccino. Gli zii, sotto consiglio dello psicologo che li segue, decidono di rivelare ai bambini che il loro papà sarà processato per la morte della mamma. Riferiscono comunque le due posizioni, quella del padre che proclama la sua innocenza e la pubblica accusa che lo ritiene responsabile del delitto.“Il papà c’entra con la morte della mamma ma continua a dire che sono stati i ladri”. Nicolò riferisce in quell’occasione di aver visto diverse volte il papà picchiare la mamma. E poi ricorda quella notte. Dice di essere stato svegliato dalla zia Valeria, di aver visto la porta della camera della mamma chiusa, e di aver visto in soggiorno che “la casa era tutta normale”. Non c'era, cioè, il disordine trovato durante l'intervento delle forze dell'ordine. Un "trucchetto" alla persiana Un altro importante episodio è quello che vede Nicolò e Filippo a luglio all’isola del Giglio insieme alla famiglia Centomo. I due bambini sono in compagnia delle due figlie, entrambe studentesse, in spiaggia, in un momento di importante relax sotto l’ombrellone, e parlano di paure. Nicolò confida di aver paura dei ladri. Ma ricordando i due episodi che hanno riguardato la sua famiglia afferma di non credere che nel secondo caso si sia trattato di ladri. E lo spiega raccontando di aver applicato un “trucchetto” sulla stessa persiana forzata durante il primo furto per penetrare nell’abitazione. Un qualcosa che secondo il bambino sarebbe servito per vedere se la persiana fosse stata di nuovo aperta dai ladri. "Un sì che sembrava un no" A questo particolare, poi, Nicolò aggiunge un’altra circostanza. La sera che lui è stato portato a casa della zia Valeria, la notte dell’omicidio, la cugina ha chiesto allo zio se era vero che c’erano stati i ladri. Lo zio ha risposto un sì, confida Nicolò alle due sorelle, che sembrava un no. “I bambini vanno a scuola” ,afferma Pierfrancesco Pangallo, “sono bambini sofferenti e non vogliono parlare del loro passato, della loro casa.” Quando arrivano le lettere di Roberto dal carcere Nicolò le mette in un cassetto e le vuole leggere da solo. A Filippo, invece, le leggono gli zii. La patria potestà al padre è stata sospesa, come sono state sospese tutte le visite a tutti i parenti Spaccino come richiesto da Nicolò. Ciononostante i due bambini continuano ad avere contatti telefonici settimanali con i nonni, anche se Nicolò spesso si rifiuta di andare al telefono. Una volta lo zio gli ha chiesto perché non volesse avere più contatti con la famiglia, ha riferito il dottor Pangallo. Nicolò gli ha risposto: “Tu lo sai perché.” I due bambini non riescono ancora a parlare della loro mamma e sono tuttora in terapia. Condividi