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Da Nairobi a Kabul passando per Gerusalemme, Baghdad, Karachi, il mondo è n fiamme. Nonostante le migliori aspettative, siamo sull'orlo di una olveriera che rischia di deflagrare all'improvviso con terribili conseguenze per l'intero pianeta. Se si tiene presente che nel mondo ci ono più di trentaduemila testate nucleari, in buona parte concentrate in paesi destabilizzati e destabilizzanti incendiati da controversie pparentemente insolubili e/o governati da regimi dittatoriali, c'è poco a stare tranquilli. Se, poi, si aggiunge che sono circa ottocento milioni i condannati alla malnutrizione e che ogni giorno oltre ventiquattromila di questi muoiono per fame, sete e per il progressivo depauperamento lanetario delle risorse primarie, e il dieci per cento è purtroppo costituito da bambini, il quadro generale si fa, senza alcuna enfasi apocalittica, terrificante, da incubo. E' bene ricordare quanto nel 1981 affermarono centoventi premi Nobel in un manifesto - appello che così iniziava:“Noi sottoscritti, donne e uomini di scienza, di lettere, di pace, diversi per religione, storia, cultura, premiati perché ricerchiamo, onoriamo e celebriamo verità nella vita e vita nella verità, perché le nostre opere siano testimonianza universale di dialogo, di fraternità e di civiltà comune nella pace e nel progresso, noi sottoscritti rivolgiamo un appello a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà, ai potenti ed agli umili, nelle loro diverse responsabilità, perché decine di milioni di agonizzanti per fame e sottosviluppo, vittime del disordine politico ed economico internazionale oggi imperante, siano resi alla vita”. E' oggi quanto mai necessaria, urgente, una svolta radicale per scongiurare che le attuali guerre endemiche possano tramutarsi in un'ecatombe di proporzioni inaudite. L'umanità si trova, oggi più che mai, innanzi ad un bivio: o si avvia verso una società veramente globale, fondata sul diritto e sui diritti nonché sull'interdipendenza oppure sprofonderà verso una disintegrazione totale. E' per questo assume rilevanza l'offensiva nonviolenta lanciata dai radicali per un satyagraha mondiale per la pace. Una mobilitazione di coscienze, ma non solo, che sotto una comune ispirazione gandhiana coniuga liberalismo e federalismo rinnovandoli grazie all'apporto di contenuti nuovi. Si tratta di passare ad una fase d'intervento operativo, costruttivo, che, unendo l'ideale federativo kantiano con l'impegno europeista di Altiero Spinelli, parta dalla consapevolezza dell'insussistenza del feticcio della sovranità nazionale per prospettare uno scenario più ampio in cui sui criteri identitari, sciovinistici, prevalga uno spirito _opranazionale. Quella del satyagraha, parola coniata da Gandhi (anche se sembra che, in realtà, gli fosse stata suggerita dal fratello) con l'intento di indicare la forza nonviolenta della verità, è l'unica strada percorribile per conseguire una riforma strutturale democratica, federalista, degli stati nazionali afflitti da guerre, fame, totalitarismo. Le odierne vicende che stanno mettendo a ferro e fuoco il continente africano così come d'altronde quelle asiatiche (dal Beluchistan al Tibet, dal Turkestan orientale alla penisola indocinese) lo attestano in modo eclatante. Ma anche, bisogna pur dirlo, la stessa Europa non si può sottrarre a quest'ottica. Anzi, è proprio dall'europeismo federalista di Spinelli, Rossi, Colorni (il problema basilare, come sottolineava chiaramente il Manifesto di Ventotene agli inizi degli anni Quaranta, sta nella “definitiva abolizione della divisione dell'Europa in stati nazionali sovrani” e nella costituzione di un'autentica federazione europea che grantisca “i rapporti con i popoli asiatici e americani” in attesa dell'”unità politica dell'intero globo”) che occorre partire per allargare obiettivi e renderli più ambiziosi. Un sogno? Negli anni Settanta, Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma, auspicava il passaggio dalla vecchia, fallimentare, realpolitik ad una innovatrice realutopie. Sulla stessa lunghezza d'onda, il Club di Budapest, creato nel 1993 dal filosofo Erwin Laszlo con lo scopo di continuare l'esperienza del Club di Roma, ha indicato in una consapevolezza della globalità la via d'uscita dal tunnel del particolarismo, della frantumazione, dei fondamentalismi conflittuali tra loro, dei totalitarismi coercitivi. La risoluzione sulla moratoria della pena di morte dell'assemblea generale delle Nazioni Unite dello scorso 18 dicembre conferma che è possibile e doveroso esigere di più, far sì che il vento dell'utopia sospinga verso sperati traguardi il tempo del presente. E questo vento è chiamato a spirare nell'insanguinato settore mediorientale da dove è realistico immaginare che un tremendo conflitto possa estendersi al mondo intero e dove da troppo tempo si protrae una situazione conflittuale strutturale. In merito, il manifesto elaborato dalla sinagoga di Firenze non lascia adito ad equivoci: Israele deve operare “nel quadro giuridico, civile, politico, dell'Unione europea, quale regione - per ora, sottolineiamo: per ora - di frontiera di una comunità istituzionale di mezzo miliardo di persone, con le sue regole, leggi, giurisdizioni, il suo parlamento democratico e un suo potere esecutivo (di certo imperfetto e inadeguato, ma pur sempre corrispondente e legittimato dai suoi trattati costitutivi)”. E' utopistico prefigurare questo scenario? No. E' doveroso, e nell'interesse non solo di israeliani e palestinesi ma del mondo intero, a meno che si voglia abdicare, come sta accadendo, alla follia del “due popoli, due stati”, cioè ad una mattanza scaturita da rassegnazione e limitatezza di vedute. E non dimentichiamoci dell'esplosiva situazione kosovara, dei fermenti pericolosissimi, considerato il potenziale atomico presente, nelle ex repubbliche sovietiche e nello stesso stato dispoticamente governato da Putin. Ce n'è abbastanza per assumersi la responsabilità di mettersi in moto così come, nel 1930, fece Gandhi nella storica marcia del sale, da Ahmedabad a Dandi, con cui di fatto fu sconfessato il potere coloniale e si avviò una nuova fase politica mondiale. * della Direzione nazionale di Radicali Italiani Condividi